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Archivio per dicembre 2011

Condanna e sdegno per l’attentato alla comunità di don Giacomo Panizza

30 dicembre 2011 Commenti chiusi

Comitato De Grazia: «Siamo vicini a Don Giacomo Panizza e lo saremo sempre, pronti ad un aiuto e ad un sostegno concreto»

In relazione all’atto intimidatorio subito dalla comunità Progetto Sud di don Giacomo Panizza esprimiamo la nostra solidarietà, fin troppo scontata, quanto lo è la nostra rabbiosa impotenza immediata.

Ma come don Giacomo ci ha sempre detto, il miglior modo di dire è il “fare”. Contrastare la mafia ed i mafiosi con l’agire quotidiano, con l’impegno civico nella comunità in cui viviamo. Combattere la mafia significa isolare i violenti, rifiutare favori e complicità. Significa non alimentare il loro potere economico perché comprare nei loro negozi, chiedere o accettarne il voto, bere nel loro bar, usare le loro ruspe ed il loro cemento, significa legittimarne il potere, farli sentire onnipotenti, convincerli che tutti stanno ai loro piedi e che loro tutto possono fare contro la legge. Significa aiutarli a reclutare il loro esercito di disperati.

Combattere la mafia significa essere di esempio ai giovani, aiutarli a fare battaglie positive partendo dai bisogni di ognuno. Ma combattere la mafia significa innanzitutto combatterla dentro di noi, nella nostra mente, nei nostri atteggiamenti, nelle nostre relazioni sociali, nel nostro esserci. La mafia si combatte con i fatti più che con le parole e don Giacomo Panizza con la sua opera è esempio per tutti. Solo quando i Giacomo Panizza saranno migliaia e migliaia la mafia sarà sconfitta.

Siamo vicini a Don Giacomo e lo saremo sempre, pronti ad un aiuto e ad un sostegno concreto.

Amantea, 29 dicembre ’11

Comitato Civico Natale De Grazia

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Avviso ai “giornalisti”

26 dicembre 2011 Commenti chiusi

Avviso per i “giornalisti” che scopiazzano dal sito.

Si prega di citare la fonte soprattutto quando ci si appropria delle foto.

vedi articolo CalabriaOra del 24 dicembre 2011 le foto sono state pubblicate in anteprima dal “Corriere della Calabria” e da questo sito (comitato De Grazia)

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Amantea, richiesta l’istituzione del registro tumori dal consiglio comunale

22 dicembre 2011 Commenti chiusi

L’ordine del giorno con la richiesta dell’attivazione del registro tumori per la popolazione residente nei comuni del distretto sanitario di Amantea, sarà votato domani durante il consiglio comunale.

intervento del sindaco all'iniziativa del De Grazia

Amantea, 22 Dic. 2011 - Il  sindaco di Amantea ha più volte elogiato la lunga attività portata avanti «con sacrifici personali» dagli attivisti del comitato De Grazia, e durante l’incontro del 13 dicembre, in occasione della commemorazione del capitano Natale De Grazia, si è detto disponibile ad intraprendere insieme al comitato ogni iniziativa utile a far avviare la bonifica del territorio. Ora arriva il primo provvedimento concreto dell’Amministrazione. L’iniziativa è del consigliere di maggioranza Pasquale Ruggiero, che, in vista del consiglio comunale straordinario e urgente in programma il 23 dicembre, ha proposto di inserire all’ordine del giorno, la richiesta di attivazione del Registro tumori per la popolazione residente nei comuni compresi nel distretto sanitario di Amantea.

La città convive da troppi anni con i dubbi, ancora irrisolti, degli effetti che può avere sulla salute della popolazione residente, l’inquinamento del territorio legato soprattutto allo smaltimento illecito di rifiuti tossici nella vallata del fiume Oliva. Questione che è emersa in tutta la sua gravità a seguito dell’inchiesta giudiziaria condotta in questi ultimi otto anni dalla procura di Paola. La popolazione, in più di un’occasione, ha manifestato preoccupazione per l’elevato numero di malati di tumore nel nostro territorio, preoccupazione confermata anche dai consulenti medici a cui la Procura si è rivolta, affidando loro il compito di condurre delle indagini sanitarie.

P. Ruggiero

«E’ giunto pertanto il tempo di capire scientificamente – ha affermato Ruggiero (nella foto)- se è vero che la nostra comunità, più di altre, sia colpita da malattie oncologiche e se le problematiche ambientali riscontrate nell’Oliva influiscano sull’insorgenza di tali malattie». «Per queste ragioni, ritengo opportuno, in qualità di consigliere comunale interessato alle problematiche ambientali, che il prossimo Consiglio Comunale discuta un ordine del giorno con la richiesta, da indirizzare poi alle Autorità Sanitarie competenti, di istituire un Registro tumori di popolazione per il distretto sanitario di Amantea».

Il consiglio comunale si terrà domani 23 dicembre 2011 alle ore 17.30 in prima convocazione ed alle ore 18.30 in seconda convocazione. L’O.d.G. “Richiesta attivazione del registro tumori di popolazione del distretto sanitario di Amantea” sarà discusso al punto numero nove dei dodici previsti.

ascolta l’intervento del Sindaco

Segue Il testo dell’Ordine del Giorno

Al Presidente della Giunta Regionale

Della Regione Calabria

Dott. Giuseppe Scopelliti

Nella sua qualità di

Commissario ad Acta  Per la Sanità

Al Direttore Generale dell’ASP di Cosenza

Al Direttore del dipartimento di Prevenzione dell’ASP di Cosenza

Al Direttore del Distretto Sanitario di Amantea

ORDINE DEL GIORNO DEL CONSIGLIO COMUNALE DI AMANTEA

PREMESSO

- Che da recenti indagini condotte dalla Procura della Repubblica di Paola è emerso che sul territorio del comune di Amantea e su quello di alcuni comuni contermini sono stati illegalmente smaltiti rifiuti, anche tossici;

- Che nel corso delle citate indagini, la stessa procura ha nominato quale CTU il dott. Giacomo Brancati – dirigente del Dipartimento Tutela Salute e Politiche Sanitarie Regione Calabria – e che nella lettera di incarico veniva formulato il seguente quesito: “voglia riferire con la massima cortese urgenza le statistiche riportate all’attualità (raffrontate ai dati di altre parti della Regione Calabria ed a livello nazionale), non solo in riferimento alla mortalità e morbilità per linfomi ma anche per altre forme tumorali e per malattie non tumorali del sangue e degli organi emopoietici e/o per altre malattie eventualmente riscontrate, specificamente nei seguenti territori comunali: Amantea, San Pietro in Amantea, Serra d’Aiello. Aiello Calabro, Lago, Cleto, Malito, Domanico e Grimaldi. Riferisca in particolare se possano esistere connessioni tra quanto registrato e gli inquinanti ambientali presenti nel suolo e nelle acque e in atmosfera in ambito del bacino fluviale del fiume Oliva.”

- Che il consulente tecnico interpellato dalla Procura, riportando tutti i dati delle analisi chimiche e fisiche effettuate dai diversi Enti che hanno collaborato nelle indagini, ha effettuato una importante valutazione di riskassessment preliminare oltre ad effettuare le misure epidemiologiche, in termini di rischio relativo ed odds ratio, per la popolazione residente ha così concluso le sue considerazioni finali: “con l’attuale disponibilità di informazioni in possesso dello scrivente si può senz’altro confermare l’esistenza di un eccesso statisticamente significativo di mortalità nell’area nel distretto sanitario di Amantea rispetto al restante territorio regionale, dal 1992 al 2001, in particolare nei comuni di Serra d’Aiello, Amantea, Cleto e Malito. A tale proposito è importante tenere presente che:

- l’eccesso di mortalità nel comune di Serra d’Aiello è poco specifico, anche se diverse evidenze fanno propendere per un eccesso di mortalità per tumori maligni, in particolare del colon, del retto, del fegato, degli organi genito-urinari e della mammella

- l’eccesso di mortalità nel comune di Amantea riguarda i tumori maligni del colon;

- l’eccesso di mortalità nel comune di Cleto riguarda le malattie dell’apparato cardiovascolare;

- l’eccesso di mortalità nel comune di Malito riguarda i tumori maligni del colon”

- Che l’art. 8 del DDL n. 1249 approvato dal Senato 12 dicembre 2007 prevede, come individuati dal Piano sanitario nazionale e dai Piani sanitari regionali, l’istituzione dei registri di patologia riferiti a malattie di rilevante interesse sanitario, registri nominativi delle cause di morte e registri dei soggetti sottoposti a procedure sanitarie di particolare complessità al fine di acquisire la conoscenza dei rischi per la salute e di consentire la programmazione nazionale e regionale degli interventi sanitari volti alla tutela della collettività dai medesimi rischi;

- Che la Giunta Regionale nella seduta del 25 marzo 2010 ha approvato un “Progetto per la realizzazione del registro tumori di popolazione della Regione Calabria” attivando tre registri tumori, quello di Cosenza-Crotone, di Catanzaro-Vibo Valentia e quello di Reggio Calabria;

CONSIDERATO

- Che questa assise comunale fa proprie le preoccupazioni della comunità che amministra in relazione alla assoluta necessità di avere dati ed informazioni scientifiche certificate dal Sistema Sanitario Nazionale, tali da confortare una corretta informazione socio-sanitaria, per la qualità della vita, per una corretta azione di prevenzione e cura;

- Che le preoccupazioni espresse sono frutto del risultato di analisi condotte sul territorio dall’ARPACAL e dall’ISPRA, ARPA di altre regioni, Vigili del Fuoco, NOE (Carabinieri) e consulenti della Procura di Paola per cui è necessario avere contezza degli effetti sulla salute dell’uomo degli inquinanti certificati;

CHIEDE

Alle autorità in indirizzo di conoscere lo stato di attuazione del Progetto per la realizzazione del registro tumori di popolazione della Regione Calabria,

Di conoscere i dati statistici e l’incidenza delle malattie tumorali sulla popolazione residente nel comune di Amantea, con particolare riguardo alle aree adiacenti il bacino idrografico del fiume Oliva e sulla popolazione residente nei comuni compresi nel distretto sanitario di Amantea;

Di avviare, qualora ancora non sia stato fatto, uno studio epidemiologico sulle aree descritte nel punto precedente e di rendere operativo il Registro tumori per la popolazione che risiede nei comuni  compresi nel distretto sanitario di Amantea, così da poter individuare eventuali specifiche esposizioni e fattori di rischio.

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FEUDO OLIVA

21 dicembre 2011 Commenti chiusi

Alcuni scatti dimostrerebbero il metodo utilizzato dalla ditta accusata di disastro ambientale per avere smaltito i veleni nelle acque e nei terreni della valle

di Roberto De Santo su il “Corriere della Calabria”

 

Prima dei lavori di intombamento - foto Corriere della Calabria

Valle Oliva - Esterno giorno, 15 settembre dell’anno del Signore 2010. Da poche settimane sono andati via i tecnici dell’Arpacal e dell’Ispra incaricati dalla Procura di Paola di effettuare i carotaggi nella valle dell’Oliva. Un’operazione complessa che ha impegnato per oltre tre mesi i due istituti di ricerca. In zona c’è la presenza massiccia anche delle forze dell’ordine. I tecnici sono lì per comprendere la portata dell’inquinamento dei suoli e dell’acqua della vallata. I militari per vigilare attentamente la zona. Eppure, nonostante i riflettori nell’area siano tutt’altro che spenti, c’è chi sembra rimanere indifferente. Continua in pieno giorno a lavorare nella valle. Apparentemente per compiere attività regolari: movimentazione terra. Si procede a scavare una buca. Profonda, molto profonda. E a interrare materiale. Terreno, forse. All’opera ci sono due grosse escavatrici e si intravedono almeno due camion che fanno la spola con del materiale da interrare. C’è anche una pala meccanica che deve ricoprire il tutto.

Due scatti fotografici immortalano la scena. Nulla di strano per i mezzi di una ditta che si occupa proprio di questo genere di lavoro. Nulla di nulla. Se non fosse che ci troviamo proprio all’interno della valle dell’Oliva, l’area che più di uno ha ribattezzato la “valle dei veleni” per via delle migliaia di metri cubi di materiale altamente tossico rinvenuto – almeno 90mila – nonché della presenza di cesio 137, ben 16 volte superiore ai valori della zona. E poi quei mezzi ritratti nelle foto sembrano gli stessi nella disponibilità della ditta il cui titolare è finito nei giorni scorsi agli arresti domiciliari. Per il capo della Procura di Paola, Bruno Giordano, titolare dell’inchiesta sull’Oliva, Cesare Coccimiglio, 75 anni – proprietario della ditta che potrebbe aver effettuato quei lavori – sarebbe responsabile di disastro ambientale.

Durante i lavori di intombamento - Foto Corriere Della Calabria

Le indagini portate avanti dagli inquirenti paolani avrebbero accertato che l’uomo sarebbe responsabile, in concorso con altri quattro soggetti, di un «imponente ed illecito smaltimento di rifiuti industriali» e per questo di aver determinato anche «l’avvelenamento delle acque sotterranee del bacino, destinate al consumo umano». Secondo quanto ricostruito e riportato anche nell’ordinanza con cui il gip di Paola, Giuseppe Battarino, ha deciso l’arresto dell’imprenditore amanteano, il metodo adottato dalla ditta Coccimiglio per smaltire illecitamente i rifiuti pericolosi sarebbe avvenuto proprio con operazioni come quelle ritratte in quei due scatti del settembre 2010: trasporto di materiale contaminato e interramento in profonde buche. Così anche questa operazione diviene sospetta.

Perché scavare una profonda buca e gettarci del terreno? Una domanda che diviene ancor più inquietante alla luce dello stato attuale di quei luoghi immortalati lo scorso anno. Sopra quello scavo realizzato e poi coperto con del materiale nerastro, utilizzando diversi mezzi nella disponibilità dell’azienda, al centro dell’inchiesta sull’inquinamento dell’Oliva, esiste attualmente una pesante massicciata. Una montagna di grosse pietre che copre completamente l’area oggetto dei lavori realizzati nel 2010. È un nuovo scatto a ritrarre lo stato attuale di quei luoghi. E poi c’è un altro elemento da valutare: l’area teatro dei lavori immortalati da queste fotografie è limitrofa alla sede dell’impresa Coccimiglio. Coincidenze. Forse. Ma il dubbio che qualcosa di sospetto sia stato interrato è legittimo. Soprattutto alla luce del modus operandi criminale che, secondo gli inquirenti, sarebbe stato messo in atto negli anni da quella ditta. E gli esempi in questo senso sono tanti. Tutti descritti analiticamente anche nell’ordinanza del gip Battarino che la qualifica come «costante attività di rimodellamento dei terreni finalizzata all’uso

La stessa zona oggi - Foto Corriere della Calabria

dell’area come insediamento di una vasta discarica di rifiuti speciali, pericolosi, chimici e radioattivi…».

L’INFEUDAMENTO DELLA VALLE

Sono tante le operazioni di interramento di rifiuti che, secondo gli inquirenti, sarebbero iniziate almeno dagli anni 90. Un testimone, sentito dagli inquirenti, riferisce che nel 1990 in una vecchia discarica di rifiuti in località Carbonara di Aiello Calabro, l’impresa Cesare Coccimiglio avrebbe effettuato imponenti scavi con mezzi meccanici alla profondità di circa tre metri, seguiti da un immediato interramento dopo una denuncia anonima. Stessa operazione riferita da un altro teste il 21 marzo del 1992. In questa occasione verranno accertati dalle forze dell’ordine lavori abusivi di scavo e successivo livellamento di terreno a circa quaranta metri dalla sponda destra del fiume Oliva. Questo fondo è nella disponibilità di uno degli indagati dell’inchiesta che, secondo l’accusa, avrebbe permesso a Coccimiglio di interrare i veleni.

Episodi che di anno in anno portano a quanto riscontrato anche da un dirigente della Regione e dalla Guardia costiera di Vibo Valentia. La ditta nel mirino degli inquirenti è aggiudicataria di lavori di somma urgenza sul fiume Oliva, che verranno eseguiti tra il 20 marzo del 1998 e l’11 novembre dell’anno successivo. Si trattava di realizzare un canale, ripristinare il sifonamento della briglia a lato sinistro idraulico nonché dell’avambriglia del fiume Oliva. È qui che verranno trovate le più alte concentrazioni di veleni dispersi sia nei terreni che nelle acque. Si tratta di cadmio, mercurio, tallio, manganese ma anche di clorometano, diclorometano e tolunene nei terreni «al di sopra – dirà il perito della Procura, Rosanna De Rosa dell’Unical – dei limiti previsti per i siti d’uso pubblico e privato». Mentre nell’acqua a

Panoramica della zona teatro dei lavori - Foto Corriere Della Calabria

sforare quei limiti ci pensano l’arsenico, il ferro e il manganese nonché il triclorometano. In quest’area sarà riscontrata dall’Ispra anche la presenza di cesio 137 con un valore 14,4 Becquerel su chilogrammo. È la zona in cui due appassionati di pesca contrarranno tumori che condurranno alla morte, per neoplasia polmonare con metastasi epatica, uno dei due. Una vicenda già raccontata dal Corriere della Calabria. Ma la sequela di episodi raccolta dagli inquirenti prosegue: ci sono anche i lavori per la realizzazione del tratto Valle del Signore – Galleria Cozzo Manca della strada provinciale “Fondovalle fiume Oliva”, l’opera che Coccimiglio si sarebbe aggiudicata con un ribasso del 41 per cento. Sotto il rilevato stradale verranno trovati, per uno spessore di almeno un metro, altri veleni. Da quest’area, secondo gli inquirenti, proverrebbero anche le parti metalliche della nave Ro-Ro – del tipo della Jolly Rosso spiaggiatasi poco distante dall’Oliva – e alcune parti di fusti interrati poi nell’arenile di Amantea, nel corso dell’operazione di ripascimento del litorale condotta sempre dalla ditta. Quanto basta per far descrivere dal gip tutte queste attività come «infeudamento» dell’intera valle dell’Oliva da parte dell’imprenditore.

 

Sostanze pericolose rinvenute nella valle dell’oliva (Fonti: Ispra, Arpacal, consulenti tecnici Procura della Repubblica di Paola)

I RISULTATI FINALI DELL’ISPRA E LO STATO DELL’INDAGINE

 

Intanto sono finalmente arrivate in Procura le conclusioni del Piano della caratterizzazione del fiume Oliva. A distanza di “appena” 14 mesi il direttore dei lavori, Leonardo Arru, ha consegnato nella mani del procuratore Giordano i risultati delle attività d’investigazione scientifica coordinata dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra).

Risultati con non poche contraddizioni. Da un verso i tecnici dell’Ispra riconoscono le contaminazioni chimiche e la presenza del cesio nell’area, dall’altra riconducono la contaminazione radioattiva a un effetto della “nuvoletta” di Chernobyl giunta nell’Oliva e alla presenza in zona di rocce “naturalmente” radioattive. Mentre la quantità massiccia di rifiuti tossici-nocivi rinvenuti nell’area – tra i 23mila e i 140mila metri cubi – sarebbero «rifiuti industriali – scrivono – riconducibili ad attività di lavorazioni di marmi e secondariamente da rifiuti connessi all’attività edilizia». Inoltre, secondo l’Ispra, altri elementi chimici «possono essere scrivibili ad un quadro di fondo»

Camion parcheggiati nella sede della ditta Coccimiglio

e al processo di invecchiamento di rifiuti solidi urbani. Dunque tutte sostanze – il cui smaltimento illecito ci sarebbe stato – ma presenti in questa zona. Eppure letante indagini scientifiche condotte fin dal 2004 in quest’area, anche da parte dell’Arpacal, ma soprattutto dai tecnici incaricati dalla Procura, avevano chiaramente indicato come questi veleni non provenissero dalla Calabria. Ad iniziare dalla massiccia presenza di idrocarburi trovati nell’Oliva – sei volte superiori alla soglia di legge (Arpacal, dicembre 2010) – e imputabili con tutta probabilità, secondo quei rapporti, agli scarti di lavorazione di raffinerie. Per questo motivo una trance di questa inchiesta è finita alla Procura di Taranto. E poi ci sono i valori enormi di contaminazione rilevati ad esempio a Foresta dove, tra i 16 e i 20 metri, i periti della Procura hanno rinvenuto – a differenza dell’Ispra – la presenza massiccia di arsenico, antimonio e nickel. E, infine, l’ultima contraddizione contenuta nella conclusione del rapporto dell’Ispra: un invito ad approfondire le indagini ma soprattutto a «predisporre idonee misure di messa in sicurezza permanente e/o bonifica e ripristino ambientale delle aree». Come dire: il pericolo c’è ma non troppo. Combinazioni. Strane storie che ricordano il finale della vicenda della Jolly Rosso, chiusa frettolosamente nonostante le tante anomalie riscontrate. «Le indagini sull’esecutore materiale dell’inquinamento – afferma il capo della Procura di Paola – possono considerarsi concluse. Ora restano da chiarire le altre responsabilità su connivenze a tutti i livelli che su questa storia si riscontrano. Inoltre valuteremo tutte le risultanze scientifiche acquisite nel corso dell’inchiesta per verificare se coloro che hanno collaborato con il nostro Ufficio lo abbiano fatto in maniera trasparente e in coerenza con le analisi oggettive provenienti dai laboratori».

La radioattività e la massaia

Leonardo ARRU, dirigente Ispra e direttore Lavori fiume Oliva

Leonardo ARRU, dirigente Ispra e direttore Lavori fiume Oliva

«Ha presente una massaia che pulisce il pavimento di una stanza? Ebbene, mettiamo che la polvere accolta da quella donna sia cesio: se analizzassimo il cumulo accantonato risulterebbe con un valore i gran lunga superiore al resto della superficie del pavimento». Usa una metafora Leonardo Arru nella foto), dirigente dell’Ispra e direttore dei lavori di carotaggio della vallata dell’Oliva, per piegare il picco di contaminazione radioattiva riscontrato in zona. Ricordiamo, ad esempio, che in località Valle Petrone di Aiello Calabro il radioisotopo artificiale è pari a 132 Bq/kg (Bequerel per chilogrammo di terreno). Ben sedici volte superiore al fondo naturale. «Quel dato elevato – sottolinea – lo abbiamo riscontrato nei pressi di un comignolo di un fabbricato. Per cui potrebbe essere frutto del deposito delle ceneri della legna bruciata all’interno della struttura». Ma la legna che proverrebbe da questa zona sarebbe perciò radioattiva? «Sì – ribatte Arru –, ma riteniamo che la radioattività sia frutto dell’incidente di Chernobyl che ha provocato una contaminazione in tutta l’Italia». Peccato che i picchi registrati nell’Oliva siano più di uno e siano stati localizzati anche fino a cinque metri di profondità. «Casualità – bolla il dirigente – semplice casualità».

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La bonifica del territorio per il lavoro ed il futuro della Calabria

21 dicembre 2011 Commenti chiusi

L’iniziativa organizzata da “La  Cgil che vogliamo” di Cosenza  si terrà ad Amantea il 22 dicembre 2011


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Per non dimenticare Natale De Grazia

21 dicembre 2011 Commenti chiusi

La commemorazione del capitano di fregata, tenutasi ad Amantea il 13 dicembre, è stata occasione per discutere di ecomafie

In mattinata presentato ai ragazzi delle scuole di Amantea il fumetto sulle navi dei veleni

I relatori da sinistra: De Luca, Sirianni, Lorelli, Politano, Vitello, Mangini, Chirico e Maggini

di Paolo Orofino su “Il Quotidiano della Calabria” del 15 dic. 2011

AMANTEA – Il 13 dicembre in occasione del sedicesimo anniversario della morte, è stato ricordato il Capitano “Natale De Grazia”, morto misteriosamente il 13 dicembre del 1995, mentre stava indagando sul traffico delle “navi dei veleni” e sui punti oscuri dello spiaggiamento della motonave Jolly Rosso, avvenuto sulle coste di Amantea, cinque anni prima. La commemorazione è stata organizzata dal comitato civico, intitolato proprio a De Grazia, che da anni si sta impegnando al massimo per sostenere le indagini nella vallata del fiume Oliva, dove sono stati trovati interrati ingenti quantità di sostanze altamente inquinanti di dubbia provenienza. Si ricorda, che la zona si trova ad un paio di chilometri, linea d’aria, dal punto della spiaggia in cui si arenò la Jolly Rosso, motonave che per anni è stata al centro di inchieste sul presunto traffico illecito di scorie pericolose. Inchieste poi finite con un nulla di fatto.

La sala

All’incontro, tenutosi presso la sala dell’hotel “Mediterraneo di Amantea, sono intervenuti Alfonso Lorelli, del comitato “Natale De Grazia”; Salvatore Vitello, procuratore capo di Lamezia Terme; Danilo Chirico, presidente associazione “daSud onlus”; Raniero Maggini, vicepresidente Wwf Italia, Enzo Mangini, scrittore; Roberto De Luca, docente Unical e Luigi Politano, giornalista moderatore della serata. Presenti in sala anche Gianfranco Posa, presidente del comitato “Natale De Grazia” ed il sindaco di Amantea, Francesco Tonnara. Nella mattinata, nell’ambito della stessa iniziativa, era stato presentato, presso il nuovo polo scolastico della città, il libro-fumetto, scritto da Enzo Mangini “Natale De Grazia-Le navi dei veleni”, che racconta dettagliatamente la disavventura del Capitano Natale De Grazia, morto da “eroe dello Stato” in circostanze mai completamente chiarite, mentre stava cercando di far luce su uno dei più grandi intrighi internazionali.

F. Tonnara, sindaco di Amantea

L’opera del capitano di fregata della Marina militare di Reggio Calabria è stata ricordata dal procuratore di Lamezia, Salvatore Vitello, che ha evidenziato il profilo di “servitore ed eroe dello Stato” perfettamente applicabile alla figura di Natale De Grazia, il cui sacrificio personale dovrà sempre essere tenuto presente da tutti coloro i quali ricoprono cariche istituzionali e da tutti i cittadini onesti amanti della verità. Come sempre incisivo è stato l’intervento del professor Alfonso Lorelli, in rappresentanza del comitato “De Grazia”. Lorelli ha paralo di “verità ufficiali”, che non sempre corrispondono alle “verità vere”, riferendosi a quanto accaduto a Cetraro, precisamente all’archiviazione dell’inchiesta sul relitto avvistato nei fondali a pochi chilometri dalla città tirrenica. Archiviazione non condivisa dall’associazione ambientalista. Lorelli si è poi soffermato sulla situazione critica di Amantea e delle aree adiacenti al torrente Oliva, facendo un appello affinché per i rifiuti nocivi trovati nella zona, si arrivi presto alla bonifica dei siti inquinati. L’esponente del comitato “De Grazia” ha poi proferito parole di elogio nei confronti del procuratore di Paola, Bruno Giordano, che, con tenacia ed abnegazione, sta coordinando le indagini sull’illecito smaltimento di sostanze nocive nei suddetti siti.

A seguire, ha preso la parola pure il sindaco di Amantea, Franco Tonnara, che ha recitato un “mea culpa” esteso un po’ a tutti i politici locali, per aver in passato, sottovalutato la problematica dei “veleni”, oggi esplosa con tutta la sua gravità per la popolazione del comprensorio, dove la malattie tumorali sono in costante crescita. Il sindaco, riconoscendo il valore del’opera del comitato di Amantea, ha dato al sua disponibilità agli attivisti del De Grazia per intraprendere insieme qualsiasi iniziativa utile a far realizzare la bonifica del territorio.

Clicca qui per vedere la registrazione degli interventi


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Valle Oliva. Profondo Rosso

17 dicembre 2011 Commenti chiusi

Il litorale tirrenico contaminato da metalli pesanti. L’inchiesta sull’inquinamento della valle dell’Oliva si allarga. Sullo sfondo il mistero della motonave Rosso

di Roberto De Santo suIl Corriere della Calabria

Sono appostati da giorni. Seguono passo passo i movimenti dei mezzi e degli uomini della società Coccimiglio, una ditta di lavorazione d’inerti. Un lavoro lungo e laborioso che permette agli uomini della Guardia costiera di Vibo Valentia di scoprire cosa starebbe mettendo in atto quella ditta. È il 2007, ad Amantea, lungo la costa tirrenica cosentina, sono in corso i lavori di ripascimento degli arenili, erosi dalle mareggiate che per anni stanno flagellando il litorale. Tra le ditte impegnate in quell’intervento c’è, appunto, la società Coccimiglio che ha la sua sede operativa nell’Oliva. È l’area al centro dell’inchiesta portata avanti dalla Procura di Paola, che ha permesso di rinvenire nei terreni e nelle acque di questa zona contaminazioni chimiche e radioattive e che ha portato all’arresto proprio del titolare di quella ditta, il settantacinquenne Cesare Coccimiglio. Ebbene, proprio durante quell’attività investigativa – che in gergo viene definita Ocp (Osservazione, controllo e pedinamento) – gli ufficiali notano qualcosa di strano: dai camion di quella ditta che proveniva da località Valle del Signore di Aiello Calabro – nella valle dell’Oliva – viene gettato in spiaggia del materiale ferroso. Si aspetta la notte per comprendere cosa fosse stato interrato.

Ebbene, da quella spiaggia collocata tra il torrente Santa Maria e il torrente Colongi emergono dalla profondità pezzi di una nave che gli inquirenti definiscono come «parti metalliche di una nave Ro-Ro» di colore rosso. Lo stesso colore che ha dato il nome all’unica imbarcazione – appunto del tipo Ro-Ro – che si è spiaggiata proprio qualche chilometro più a nord di questo rinvenimento, alcuni anni addietro. Per l’esattezza il 14 dicembre del 1990. Eppure quella nave, la “Jolly Rosso”, passata agli onori della cronaca come una delle navi dei veleni, sarebbe dovuta esser smaltita da tempo e non certamente in loco e non dalla ditta sotto il controllo della Procura di Paola per l’inchiesta sull’inquinamento della Valle dell’Oliva. Già nel 1992 la società Mo.Smo.De di Crotone aveva acquisito il relitto dalla Ignazio Messina ed ottenuto dalla Capitaneria di porto di Vibo Valentia l’autorizzazione alla demolizione della motonave.

Non ad Amantea, quindi, non dalla ditta Coccimiglio. Coincidenze. Come quelle emerse dall’analisi dei terreni interrati anche nella spiaggia di Amantea: contaminazione da metalli pesanti e fanghi industriali. Gli stessi inquinanti rinvenuti nell’Oliva. Semplici coincidenze, null’altro, che non permetteranno di legare la vicenda del presunto smaltimento di rifiuti tossici-nocivi, ma anche radioattivi – ricordiamo che nell’area dell’Oliva è stato rinvenuto materiale contaminato dal cesio 137 con valori 16 volte superiori al fondo valle –, al naufragio della nave. Tanto che l’inchiesta sulla Rosso terminerà nel 2009 con un’archiviazione. «Non sono emersi –  dirà il pm Francesco Greco nella sua richiesta, poi accolta dal gip di Paola – elementi chiari di collegamento tra il rinvenimento dei materiali trovati in località Foresta… e la motonave Rosso…». Eppure, da lì proseguono le indagini portate avanti con caparbietà dal capo della Procura di Paola, Bruno Giordano, che permetteranno, anche grazie ad un’informativa della Dda di Catanzaro, di individuare altri siti contaminati.

Dai carotaggi effettuati lo scorso anno daitecnici dell’Arpacal e dell’Ispra emergeranno dati drammatici: 86mila metri cubi di fanghi industriali la cui provenienza, vista la caratteristica e la mole, secondo la Procura, non può essere locale. Già, materiale non locale. Ma non certamente della Rosso. Nonostante quelle coincidenze. Nonostante le rivelazioni dei collaboratori di giustizia che avrebbero indicato i luoghi dello smaltimento della nave.

L’INCHIESTA SULL’OLIVA

Ma l’inchiesta sull’inquinamento nella valle dell’Oliva prosegue portando i primi importanti risultati. Accanto all’arresto del titolare dell’azienda, infatti, sono finiti nei guai Vincenzo Launi, Giuseppina Marinaro, Antonio Sicoli e Arcangelo Guzzo. Tutti della zona e tutti titolari o concessionari dei terreni nell’Oliva che, secondo l’accusa, avrebbero concesso alla ditta Coccimiglio per interrare i veleni. Per loro i procedimenti penali si apriranno con l’inizio del nuovo anno. Ma c’è di più. Anche la moglie di Cesare Coccimiglio, Giovannina Pino, è stata rinviata a giudizio e la prima udienza è stata già fissata per luglio prossimo. Per lei l’accusa ha ipotizzato, nella sua qualità di legale rappresentante delle ditte del gruppo Coccimiglio, di aver organizzato, in concorso con altri, il traffico illecito di rifiuti altamente pericolosi, il furto aggravato di inerti, lo smaltimento illecito di materiale contaminato ma soprat-tutto di aver causato un disastro ambientale per l’intera zona. Negli atti di questo procedimento – che è il faldone principale dell’inchiesta sull’Oliva – emergono, infatti, altri particolari inquietanti: la contaminazione non riguarderebbe solo i terreni dell’area ma una vasta zona che va da Belmonte Calabro a Nocera Terinese. Per quest’ultimo caso che sarebbe consistito, secondo l’accusa, nell’interramento di materiale contaminato lungo il corso del fiume Savuto, gli inquirenti di Paola avrebbero già da tempo trasmesso il fascicolo d’indagine alla Procura di Lamezia Terme, competente per zona. Mentre gli investigatori avrebbero accertato il trasporto e l’illecito smaltimento di terreno contaminato proveniente dal «feudo»

Il litorale della costa amanteana dove sarebbero stati interrati, secondo la ricostruzione del gip, i resti della nave “Jolly Rosso”

dell’Oliva nell’alveo del fiume Colongi nei pressi del campo sportivo di Amantea, nonché negli arenili tra Amantea e Belmonte Calabro, in occasione, appunto dei lavori di rinascimento del litorale. In queste aree gli inquirenti avrebbero riscontrato soprattutto la presenza massiccia di cobalto in spiaggia. Per vincere alcune gare d’appalto, inoltre, l’azienda Coccimiglio avrebbe attuato ribassi elevatissimi. In un caso citato ad esempio dagli inquirenti, infatti, quella ditta avrebbe vinto l’appalto per la realizzazione dei lavori del tratto provinciale “Fondovalle Fiume Oliva” con un ribasso del 41 per cento. Ribassi che, per citare il gip Giuseppe Battarino, «non rendono antieconomico l’intervento proprio in quanto il movimento del terreno e la realizzazione del rilevato della strada gli consentono di intombare una rilevante quantità di rifiuti».

Wils (Ue): «L’Italia assicuri la bonifica»
«La situazione è molto grave: l’approvvigionamento delle risorse idriche è seriamente compromesso. Ed anche se non abbiamo potuto compiere una visita approfondita ovunque, è evidente che il problema principale rimane come liberarsi delle sostanze inquinanti e altamente nocive presenti nel terreno che hanno già causato danni alla salute della popolazione». Non usa mezze parole Sabine Wils (a sinistra nella foto), deputato europeo del gruppo Gue-Ngl (Sinistra unitaria europea – Sinistra verde nordica) e membro della commissione Ambiente, Salute Pubblica e Sicurezza alimentare (Envi) del Parlamento europeo – che ha partecipato alla missione europea per comprendere la vicenda dell’inquinamento del fiume Oliva – per descrivere l’idea che si è fatta della situazione. Un’iniziativa, promossa dall’europarlamentare del Partito democratico, Mario Pirillo, che ha consentito di portare alla ribalta europea il caso dell’Oliva. E la posizione della deputata tedesca, Wils è categorica: «Urge che le autorità italiane assicurino fondi e prontezza d’interventi per una bonifica efficace e duratura».

Che cosa vi ha detto il procuratore della Repubblica di Paola, Bruno Giordano, nell’incontro?

«Ha fornito e illustrato alla delegazione del Parlamento europeo i dati sullo stato di salute della popolazione, sulla crescita dei decessi dovuti a tumori, assolutamente anomalo e inaccettabile rispetto alle altre regioni italiane. La difesa della salute e quindi l’accertamento dei reati penalmente rilevanti sono stati gli argomenti maggiormente dibattuti nell’incontro».

L’Europa può intervenire per sostenere la ricerca della verità?

«L’Unione non ha competenza per interferire o suggerire come condurre un’inchiesta. Alle istituzioni europee spetta il compito di produrre gli opportuni testi legislativi, direttive o regolamenti comunitari da trasporre negli ordinamenti di ogni Paese in modo da poter essere utilizzati dalla magistratura per identificare e sanzionare le possibili violazioni».

Che cosa può fare l’Europa per spingere le autorità locali a bonificare l’area e quali azioni possono essere messe in campo, anche in termini economici?

Ssopralluogo nell'Oliva della Commissione Europea Envi

«Sono in vigore direttive europee sulle discariche, sullo smaltimento dei rifiuti e sulle emissioni industriali. Resta purtroppo ancora “congelata” in sede di Consiglio quella sulla protezione del suolo su cui il Parlamento si è già espresso tre anni fa, mentre alcuni governi di Stati membri impediscono, con una “minoranza di blocco”, che il Consiglio dei ministri dell’Ue adotti la propria posizione e che quindi si confronti con il Parlamento europeo visto che sono entrambi co-legislatori. Risultato: non c’è ancora una direttiva europea sul suolo. La mancanza di una direttiva ad hoc sulla protezione del suolo non impedisce, però, che siano applicate le leggi esistenti. Sul versante economico, in primis, i compiti di bonifica e di tutela della salute dei propri cittadini spettano agli Stati membri. Quindi è compito dell’Italia adottare le misure economiche per risanare lo sversamento ille gale di sostanze tossiche e nocive che è stato prodotto nel fiume Oliva. I fondi strutturali europei non possono che intervenire nel rispetto del principio di sussidiarietà, quindi rispettando la responsabilità e la capacità di spesa degli Stati membri. Accedere a fondi europei di sviluppo regionale per rilanciare attività economiche, siano esse agricole o industriali, danneggiate da terreni resi insalubri, anzi pericolosi, è possibile sulla base di una proposta dell’autorità nazionale competente, ma nel rispetto del regolamento europeo valido per tutti gli Stati membri. In caso di grandi calamità si può attivare un fondo ad hoc, come ad esempio richiesto dall’Ungheria in seguito al non contenimento e mancato stoccaggio in sicurezza dei fanghi rossi residui della lavorazione dell’alluminio che ha portato al disastro ambientale di alcuni mesi fa. Per questo è fondamentale che l’Italia inquadri bene questa vicenda».

Quali azioni ha intenzione di intraprendere per approfondire l’argomento in sede europea?

«La mia prima iniziativa per la gravità della situazione che ho potuto vedere e, visto che siamo venuti in Calabria per conto della commissione Ambiente e tutela della salute pubblica del Parlamento europeo, sarà quella di proporre quanto prima un’audizione a Bruxelles della commissione stessa o del gruppo politico della Sinistra unitaria europea (Gue -Ngl) cui appartengo, invitando tutti i soggetti coinvolti in questa vicenda e soprattutto i rappresentanti della società civile e delle organizzazioni non governative (Ong) che con ostinazione da anni chiedono l’accertamento delle responsabilità e la bonifica della vallata del fiume Oliva».

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Valle Oliva. I fantasmi ritornano

16 dicembre 2011 Commenti chiusi

Pezzi della Jolly Rosso nei terreni del fiume ma anche lungo il litorale amanteano. E veleni sono stati ritrovati pure nell’area del Savuto

di Roberto De Santo sul Corriere della Calabria n. 24

A volte ritornano. I fantasmi di un passato prossimo, che qualcuno ha voluto a tutti i costi rimuovere, riaffiorano. E, come nel migliore dei film dell’orrore, provocano sgomento e terrore. L’inchiesta portata avanti dal capo della Procura di Paola, Bruno Giordano, sull’interramento di sostanze tossiche radioattive nella valle dell’Oliva riserva anche quest’ultimo colpo di scena: la motonave Rosso, meglio conosciuta come “Jolly Rosso”, è nel fascicolo di quell’inchiesta. Un mistero nel mistero. Visto che su quella nave, ma soprattutto sul suo contenuto – nonostante l’archiviazione disposta nel 2009 dal pm Francesco Greco – aleggiano ancora troppi quesiti irrisolti.

Dubbi alimentati soprattutto dalla circostanza che quella nave era stata utilizzata nel 1988 dal governo italiano per recuperare in Libano materiale altamente pericoloso: 9.532 fusti di rifiuti tossici nocivi, esportati illegalmente da aziende italiane.

Un’imbarcazione, dunque, passata agli onori della cronaca come una delle cosiddette “navi dei veleni”. Ora a rievocarla, come appunto uno spettro, il giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Paola, Giuseppe Battarino, che nella ordinanza che ha disposto i domiciliari per Cesare Coccimiglio – l’imprenditore amanteano del ramo dell’edilizia responsabile, secondo l’accusa, dell’interramento dei veleni nella valle dell’Oliva – ne fa esplicito riferimento: «Vi è prova – scrive il gip – della partecipazione dell’indagato (Coccimiglio, ndr) alle operazioni che si svolsero intorno alla nave Jolly Rosso, arenatasi nel dicembre del 1990 sulla spiaggia di Amantea». Ma vi è di più. Il gip di Paola, citando un’indagine svolta nel 1997 dalla guardia costiera di Vibo Valentia e da alcuni uomini della polizia giudiziaria della Procura paolana, racconta di un altro passaggio che, se dovesse risultare vero, sarebbe terrificante. Il materiale che conteneva quella nave sarebbe stato rinvenuto sia nei terreni dell’Oliva sia a mare: precisamente nella spiaggia del litorale amanteano. «A distanza di tempo – si legge a questo proposito nell’ordinanza di Battarino – in coincidenza con l’intervento dell’azienda dell’indagato (Coccimiglio, ndr) per il rinascimento di un tratto di costa con materiali inerti, sono riemersi parti metalliche di nave Ro-Ro, del tipo di quella arenata (appunto la Jolly Rosso, ndr), e parti di fusti, ritrovati da operanti della Guardia costiera, sia sulla spiaggia interessata dallo scarico di materiali, sia nel punto di prelevamento dei materiali stessi da parte dell’indagato, in Aiello Calabro, località Valle del Signore».

Un collegamento tanto logico tra i due episodi da far dire al giudice: «Nessuna alternativa logica vi è alla ricostruzione di un intombamento di materiale proveniente dalla nave (la Rosso, ndr), in un’area collinare (Oliva, ndr), e del loro affioramento in occasione del prelievo degli inerti nel medesimo punto». E se quel materiale fosse costituito dalle sostanze riscontrate dall’Arpacal e dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), i risvolti di quell’inchiesta sarebbero da incubo.

Ricordiamo che lo scorso anno, come già anticipato dal Corriere della Calabria, nel corso dei carotaggi effettuati dai tecnici dei due istituti portarono tra l’altro alla scoperta della presenza di Cesio 137 con valori fino a 16 volte superiori alla media del territorio – anche se per l’Ispra dovuti alla nube di Chernobyl – ma anche alla contaminazione chimica delle acque e dei terreni circostanti il fiume Oliva. Si tratta di 86mila metri cubi di fanghi industriali costituiti per lo più da arsenico (riscontrato con valori fino a 10 volte superiori alla norma), cromo, nickel, antimonio, zinco (cinque volte superiore alla norma) e cobalto. Ma anche idrocarburi, cadmio (6,5 volte superiore alla norma), cromoesavalente e rame. Tutte sostanze riscontrate in quantità almeno tre volte superiore ai limiti di legge nei sottosuoli dell’intera zona. Materiale che dunque potrebbe essere finito direttamente sulle nostre spiagge oltre che nei terreni e nelle falde acquifere della zona. E i riscontri oggettivi nelle mani degli investigatori sarebbero numerosi, dettati non solo dal rinvenimento del materiale contaminato ma da testimonianze dirette di quest’attività svolta dall’indagato sempre all’interno dell’Oliva. Un vero e proprio “dominus” di quei luoghi, che il gip definisce un «feudo» di Coccimiglio.

Ma dall’inchiesta sull’Oliva emerge anche un’altra drammatica verità che riporta alla ribalta il “modus operandi” della gestione dei rifiuti tossici-nocivi e radioattivi in Calabria.

Il connubio che esisterebbe tra “l’imprenditore-feudatario” dell’Oliva e le ‘ndrine locali. Se è vero quello che sostiene lo stesso gip che per svolgere la sua attività illecita «è entrato in contatto con realtà criminali organizzate ed interessate a una più ampia utilizzazione del territorio calabrese come “pattumiera” per rifiuti speciali e pericolosi ». Un passaggio proveniente da un’informativa della Distrettuale antimafia di Catanzaro del 2009. E infine un’ultima coda di questo film dell’orrore: «Il ruolo assunto dall’indagato Coccimiglio negli interramenti di rifiuti pericolosi in terreni di proprietà della Curia in Serra d’Aiello, e in Nocera Terinese lungo il corso del fiume Savuto, e i rapporti sottesi a tali condotte delittuose con strutture criminali organizzate». Così quei veleni, frutto d’interramenti svoltisi in almeno un ventennio nella zona – secondo l’inchiesta – sarebbero finiti anche altrove. Ma i limiti di questa contaminazione restano tutti ancora da scoprire.

Il video dell’iniziativa “Natale De Grazia. I veleni del passato riemergono”. Riprese dalla diretta streaming

14 dicembre 2011 Commenti chiusi


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“Natale De Grazia. I veleni del passato riemergono”. Commemorazione del capitano Natale De Grazia

9 dicembre 2011 Commenti chiusi

Amantea, 09/12/2011 – A sedici anni dalla sua morte avvenuta il 13 dicembre 1995, il comitato civico, che porta il suo nome, ricorda il capitano Natale De Grazia, morto misteriosamente mentre indagava su un traffico di rifiuti via mare: le cosiddette “navi dei veleni”.

Il capitano Natale De Grazia era collaboratore del magistrato Francesco Neri, titolare delle indagini sugli affondamenti delle “navi a perdere”. La notte della sua morte, si dirigeva con dei colleghi in auto verso la Liguria per ascoltare l’equipaggio della Motonave Rosso ed altri testimoni, un viaggio mai concluso perché fu colto da improvviso malore le cui cause non sono mai state chiarite fino in fondo.

Il 24 maggio 2001 la vedova De Grazia a Livorno, in occasione della festa nazionale della Marina Militare, ha ricevuto dalle mani del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi la medaglia d’oro alla memoria di un militare che ha sacrificato la sua vita per lo Stato.

Il 24 ottobre 2009 in occasione della Manifestazione Nazionale “Basta veleni!”, svoltasi ad Amantea, in presenza della signora De Grazia e delle istituzioni, al capitano di corvetta è stato intitolato il lungomare della cittadina.

La commemorazione è organizzata dal comitato civico che porta il suo nome in collaborazione con l’associazione antimafia “daSud onlus” che ha curato la produzione del libro-fumetto “Natale De Grazia. Le navi dei veleni” (Round Robin Editrice) alla cui copertina si ispira la locandina dell’evento che si svolgerà ad Amantea  martedì 13 dicembre ore 18.30, presso la sala conferenze dell’Hotel Mediterraneo. Mentre la mattina, alle ore 10,30, presso il nuovo Polo scolastico gli studenti delle classi quarte e quinte, coadiuvati dalla docente Rosanna Grisolia incontrano gli autori del libro e i responsabili dell’associazione daSud e del Comitato De Grazia.

In occasione della commemorazione del capitano De Grazia verrà affrontata anche la problematica dei veleni che sono riemersi dal sottosuolo del fiume Oliva. Le recenti evoluzioni verificatesi nelle indagini svolta dal procuratore capo di Paola, Bruno Giordano, titolare dell’inchiesta sull’inquinamento della vallata dell’Oliva, che descrivono l’attuale condizione in cui versa l’intera area, sono molto preoccupanti. Infatti, l’indagine ha già consentito di individuare, una serie di siti contaminati da sostanze altamente pericolose e la presenza in quest’area anche di contaminazione radioattiva da Cesio 137. La quantità di materiale rinvenuto e confermato dalle analisi condotte lo scorso anno dai tecnici dell’Arpa Calabria e dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) è stimato tra 80/90mila metri cubi. Si tratta di contaminanti composti per lo più da fanghi industriali e idrocarburi la cui provenienza non è riconducibile alla Calabria. Questo materiale interrato ha contaminato sia i territori che le falde acquifere della zona.

Il caso della “valle del fiume Oliva” ha richiamato l’attenzione della Comunità Europea. Il 23 novembre scorso ad Amantea la commissione ambientale del Parlamento Europeo, ha incontrato le istituzioni locali, le associazioni ambientaliste, la procura di Paola e con i membri dell’Arpa Calabria e dell’Ispra  ha effettuato un sopralluogo nelle zone interessate. L’inquinamento del fiume Oliva è stato ormai accertato, ora si tratta di bonificare i siti risultati inquinati da sostanze tossiche che producono terribili malattie e potrebbero indurle anche alle future generazioni.

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