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Archivio per aprile 2010

Verità e giustizia per Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Firma l’appello

30 aprile 2010 Commenti chiusi

Fonte: http://www.ilariaalpi.it/

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Mille firme in quattro giorni, da quelle di Luciana Riccardi e Giorgio Alpi, i genitori di Ilaria Alpi, a quella del presidente della Federazione nazionale della stampa Roberto Natale. E poi le adesioni di giornalisti, volti noti della tv, media-attivisti, politici, docenti universitari, amministratori pubblici, centinaia di semplici cittadini e i tanti giovani accorsi a Perugia per il Festival internazionale del giornalismo. Tutti insieme per chiedere a gran voce verità e giustizia per Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.

Con un ritmo di oltre 150 sottoscrizioni al giorno, sta prendendo quota l’appello lanciato lo scorso 23 aprile, con cui l’associazione Ilaria Alpi chiede alla magistratura e alla politica di individuare mandanti ed esecutori e fare finalmente luce sul duplice omicidio della giornalista e dell’operatore del Tg3 Rai, uccisi il 20 marzo 1994 in Somalia per avere scoperto un traffico internazionale di armi e rifiuti tossici.

Obiettivo dell’associazione è arrivare ad almeno diecimila firme, che saranno consegnate al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, al Presidente del Tribunale di Roma presso cui è in corso il processo, al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e ai presidenti di Camera e Senato Gianfranco Fini e Renato Schifani.

Firma e diffondi l’appello

L’intervento alla Camera di Beppe Giulietti. Rosy Bindi e l’Idv aderiscono all’appello

Ilaria Alpi e Miran Hrovatin morirono 16 anni fa in Somalia indagando su traffici di rifiuti pericolosi e armi. Nei loro ultimi giorni di vita tentarono di individuare alcune delle navi coinvolte in questi flussi illegali. Oggi alla Camera il portavoce di Articolo21 Giuseppe Giulietti ha ricordato la vicenda “i cui mandanti non sono mai stati individuati” e ha lanciato l’appello, attraverso le parole di Francesco Cavalli (direttore del Premio Ilaria Alpi che si terrà a Riccione dal 15 al 19 giugno prossimo) e dei familiari affinché si ottenga “verità e giustizia”.

“Dopo 16 anni sappiamo che fu un omicidio per commissione messo in atto per stroncare le indagini sui rifiuti tossici. Questo ha detto più volte la magistratura opponendosi ai tentativi di archiviazione del caso. C’è – afferma Giulietti – materiale corposo per riaprire il processo e arrivare fino in fondo. Per questo l’appello dei familiari al presidente Napolitano perché continui ad occuparsi di questa vicenda con la stessa sensibilità che lo ha contraddistinto in questi anni”.

“Noi chiediamo – conclude Giulietti – e per questo mi rivolgo a lei presidente Bindi e al presidente Fini, che si faccia tutto il possibile per tenere alta l’attenzione, non per una richiesta di vendetta ma di giustizia e verità”.

All’appello hanno subito aderito la vicepresidente della Camera Rosy Bindie i parlamentari dell’Italia dei valori (la nota del portavoce Leoluca Orlando).

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UE: NAVI VELENI; BARROSO, CHIEDEREMO CHIARIMENTI ALL’ITALIA

29 aprile 2010 Commenti chiusi

Bruxelles, 29 Apr 2010 – ”La Commissione europea chiederà ulteriori chiarimenti sul presunto affondamento di navi al largo delle coste italiane e, se necessario, si avvarrà delle competenze conferite dal Trattato per prendere provvedimenti nei confronti di violazioni delle normative comunitarie”. Così José Manuel Durao Barroso, presidente della Commissione Europea, risponde alla missiva degli europarlamentari del gruppo S&D-Pd Gianni Pittella, vice Presidente vicario del Parlamento Europeo, e Mario Pirillo, membro della commissione ambiente.
Nella lettera a Barroso, i due europarlamentari avevano sollecitato un’articolata indagine su tutti i relitti sospetti affondati nei mari calabresi come la nave rinvenuta al largo di Cetraro. Inoltre, citavano anche la vicenda della nave Rigel affondata nel 1987 a Capo Spartivento al largo di Reggio Calabria ”per la quale esiste già una condanna per naufragio doloso emessa dal tribunale di La Spezia il 20 marzo 1995,
confermata in appello dal tribunale di Genova il 10 novembre 1999, che la Cassazione ha reso definitiva il 10 maggio 2001”.
Barroso nella sua risposta precisa che ”l’anno scorso il commissario all’ambiente ha chiesto informazioni, al riguardo, al ministro suo corrispondente in Italia senza ricevere indicazioni precise di violazioni di normative ambientali europee e quindi, da parte della Commissione non e’ stato avviato alcun procedimento di infrazione. Ma – aggiunge – considerate le informazioni che trasmettete sarebbe opportuno proseguire le indagini”. Barroso ricorda poi che ”l’affondamento di navi contenenti rifiuti nel territorio di uno Stato membro e’ severamente vietato in quanto scarico illegale”. Pittella e Pirillo si dicono ”soddisfatti della risposta e considerano ”valida” la posizione del presidente della Commissione europea per affrontare una vicenda cosi’
delicata, ed il loro auspicio ”e’ che si possa al più presto fare piena luce”. (ANSA).

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Acqua. Il comitato “De Grazia” chiede modifica Statuto comunale per favorire gestione pubblica.

28 aprile 2010 Commenti chiusi

Amantea, 28 Apr. 2010 - Il Comitato civico Natale De Grazia ha scritto al sindaco di Amantea ed a tutti i membri del Consiglio comunale di pronunciarsi a favore del servizio pubblico dell’acqua con l’approvazione di un’apposita delibera in cui il civico consesso esprime di condividere e aderire alla proposta di legge d’iniziativa popolare “Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per rendere pubblico il servizio idrico”, e di ritenere necessario che il Parlamento proceda celermente alla sua discussione e approvazione.

Inoltre nella stessa missiva il comitato propone di modificare lo Statuto comunale integrandolo con un articolo che sancisca, partendo dal principio che l’acqua è un bene essenziale per la vita e l’accesso deve essere garantito a tutti i cittadini, che il servizio idrico integrato sia un servizio pubblico locale privo di rilevanza economica, la cui gestione deve essere affidata ad un ente pubblico e non a società private il cui unico interesse è il conseguimento di profitti con possibili ripercussioni sull’entità delle tariffe.

Il comitato, a tal proposito, ha allegato alla corposa lettera indirizzata al sindaco e al consiglio comunale, in cui si motivano le ragioni di una presa di posizione a favore del servizio pubblico dell’acqua, una bozza di delibera e un articolo che dovrebbe integrare l’attuale Statuto comunale, redatti sulla base dei documenti elaborati dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua.

Infine il comitato invita i consiglieri comunali a mettere in atto ogni provvedimento necessario ad evitare l’affidamento della gestione dell’acqua potabile ai privati, sostenendo il referendum abrogativo delle norme emanate a favore della privatizzazione dell’acqua, affinché sia data ai cittadini la possibilità di votare e di esprimersi sulla gestione del Servizio idrico.

Amantea, 28 aprile 2010

La lettera indirizzata al sindaco e a tutti i membri del Consiglio Comunale

Oggetto: Richiesta modifica Statuto comunale per gestione pubblica dell’acqua.

Gent.mo Sindaco, Gent.mi Consiglieri comunali,

con la presente, il Comitato civico in intestazione, chiede al Sindaco ed all’intero Consiglio comunale di adottare dei provvedimenti atti a scongiurare che l’acqua pubblica diventi una merce privata su cui speculare, apportando delle modifiche alla Statuto comunale dove si riconosca che il Servizio Idrico Integrato sia un servizio pubblico locale privo di rilevanza economica, in quanto servizio pubblico essenziale per garantire l’accesso all’acqua per tutti e pari dignità umana a tutti i cittadini, la cui gestione va attuata attraverso gli artt. 31 e 114 del Dlgs n. 267/2000; e conseguentemente si affidi la gestione del SII (Sistema Idrico Integrato) ad un Ente di diritto Pubblico, il cui fine principale non è il conseguimento di profitti ma il benessere di tutti i cittadini.

Il recente art. 15 del D.L. 135/09 – approvato definitivamente dalla Camera dei Deputati il 19 novembre 2009 – introduce alcune modifiche all’art. 23 bis della Legge 133/08 e muove passi ancora più decisi verso la privatizzazione dei servizi idrici e degli altri servizi pubblici locali, prevedendo l’obbligo di affidare la gestione dei servizi pubblici a rilevanza economica “a favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica” o, in alternativa, “a società a partecipazione mista pubblica e privata con capitale privato non inferiore al 40%”. Le gestioni affidate a società “in house” cessano, improrogabilmente e senza necessità di deliberazione da parte dell’ente affidante, alla data del 31 dicembre 2011 oppure alla scadenza prevista dal contratto di servizio a condizione che entro il 31 dicembre 2011 le amministrazioni cedano almeno il 40 per cento del capitale.

Tale provvedimento sottrarrà ai cittadini ed alla sovranità delle Regioni e dei Comuni l’acqua potabile di rubinetto, il bene più prezioso, per consegnarlo, a partire dal 2011, agli interessi delle grandi multinazionali e farne un nuovo business per i privati.
Noi pensiamo che sia un epilogo da scongiurare, sia per un concetto inviolabile che annovera l’acqua come un diritto universale e non come merce, ma anche per le ripercussioni disastrose che una privatizzazione potrebbe generare sui cittadini in funzione della crescita delle tariffe.

Nonostante l’approvazione dell’art. 15 del D.L. 135/09, rimane possibile dar vita ad una gestione pubblica del SII, attraverso l’affidamento diretto del servizio ad un Ente di diritto pubblico, strumentale dell’Ente Locale (Consorzio tra Comuni, Azienda speciale, Azienda speciale consortile). La strada per arrivare a tale risultato è sostanzialmente, come precedentemente meglio specificato, la modifica degli Statuti comunali dei Comuni dell’ATO.

Il Forum Nazionale dei movimenti per l’Acqua, ha provveduto a costruire una delibera-tipo (che alleghiamo in copia) per l’inserimento nello Statuto dei Comuni di una formulazione che, basandosi sul riconoscimento che l’acqua è un bene comune naturale finito, indispensabile all’esistenza di tutti gli esseri viventi, considera il Servizio idrico integrato come un servizio pubblico locale privo di rilevanza economica. Con tale operazione, i Comuni dell’ATO hanno la potestà di decidere quale forma gestionale intendono adottare.

Tale provvedimento è pienamente legittimo, in quanto l’Unione Europea demanda ai singoli Stati membri, la decisione di definire quali siano i servizi a rilevanza economica e quali privi di rilevanza economica e la normativa del nostro Paese non si è mai pronunciata esplicitamente in questa direzione. L’unico riferimento esistente in proposito risale al comma 16 dell’art. 35 della legge 448/2001 (legge Finanziaria 2002), con il quale il Governo era impegnato, nell’arco di tempo di sei mesi, ad emanare un regolamento per definire i servizi pubblici locali da considerarsi “a rilevanza industriale”. Regolamento che non è mai stato presentato.

Inoltre con la sentenza n. 272 del 27 luglio 2004 la Corte Costituzionale è intervenuta nell’ambito della normativa che disciplina i servizi pubblici locali. Tale sentenza ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 14, comma 1 e 2, del D.L. 269/2003 (“Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici”) in quanto tali norme determinavano un’illegittima compressione dell’autonomia regionale e locale in materia di servizi pubblici locali. La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale anche dell’art. 113 bis del D.Lgs. 276/2000 (TUEL), cioè di quell’articolo che disciplinava i servizi pubblici locali privi di rilevanza economica. Secondo la Sentenza citata, infatti, “il titolo di legittimazione per gli interventi del legislatore statale costituito dalla tutela della concorrenza non è applicabile a questo tipo di servizi, proprio perché in riferimento ad essi non esiste un mercato concorrenziale”.
Il legislatore statale, quindi, in materia di servizi può legiferare soltanto in riferimento al tema della “tutela della concorrenza”, tutto il resto è demandato al livello locale.
A questo punto per l’Ente Locale è possibile il ricorso all’articolo 114 (azienda speciale) del TUEL, che, combinato con l’art. 31 dello stesso TUEL, porta a dar vita ad un’Azienda speciale consortile.

Infine, ci preme sottolineare, sia pure in modo sintetico, i motivi per i quali pensiamo che la scelta dell’affidamento ad un’Azienda speciale consortile sia quella realmente rispondente ad una gestione pubblica del servizio idrico, a differenza dell’affidamento ad una SpA “in house” .
L’acqua è un bene essenziale per la vita, che non può dipendere dalla decisione di società private il cui unico scopo è il conseguimento di profitti. Stare nell’ambito del diritto pubblico o in quello privato non è assolutamente la stessa cosa in termini di conseguenze per chi usufruisce del servizio. Essere azienda di diritto privato significa dover rispondere all’obiettivo di produrre utili, mentre un Ente pubblico assume come vincolo il pareggio di bilancio.

Alla luce di quanto sopra riportato confidiamo nella Loro sensibilità, sperando che mettano in atto ogni provvedimento necessario ad evitare l’affidamento della gestione dell’acqua potabile ai privati sostenendo concretamente ogni evento promosso per evitare la liberalizzazione del Servizio idrico. Chiediamo inoltre che gli enti in indirizzo sostengano il referendum abrogativo delle norme emanate a favore della privatizzazione dell’acqua, affinché sia data ai cittadini la possibilità di scelta sulla gestione del Servizio idrico.

Nel ringraziare per la cortese attenzione, porgiamo distinti saluti.

Amantea, 22/04/2010

Allegati:
1) Delibera-tipo redatta dal forum Nazionale Movimenti per l’Acqua.
2) Proposta di modifica Statuto Comunale

Comitato Civico Natale De Grazia
Il Presidente
Gianfranco Posa

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Italia. Acqua tossica

26 aprile 2010 Commenti chiusi

Dai rubinetti rischi per neonati e ragazzi
“Sostanze tossiche 5 volte superiori al lecito”

Un comitato scientifico incaricato dalla Commissione europea lancia l’allarme sulla qualità delle acque potabili italiane. Nelle tubazioni elementi tollerati dagli adulti ma pericolosi per i bambini e i giovani nell’età dello sviluppo

fonte: http://www.repubblica.it/cronaca/2010/04/23/news/dall_acqua_dei_rubinetti_rischi_per_neonati_e_ragazzi_sostanze_tossiche_cinque_volte_superiori_alla_norma-3561524/

BRUXELLES – Neonati e ragazzi corrono rischi nel bere acqua che viene dai rubinetti delle case italiane, contaminata – a quanto pare – da arsenico, boro e fluoruro che, in alcune Regioni, superano di cinque volte i livelli consentiti dalle norme europee. Ad dirlo è il comitato scientifico incaricato dalla Commissione Ue di dare un parere sulle acque potabili nel nostro Paese. E’ stato il risultato di una analisi delle tubazioni lungo le quali scorrono livelli di sostanze tossiche che, se non sono immediatamente pericolose per gli adulti, pongono però dei rischi per i ragazzi in età dello sviluppo e soprattutto per i neonati.

L’Italia, che per nove anni ha agito in regime di deroga rispetto alla direttiva Ue sulle acque, dovrebbe uniformarsi alle regole europee entro il 2012, come chiesto da Bruxelles. Ma qualche mese fa ha chiesto una proroga dei termini. La Commissione Ue dovrà decidere nelle prossime settimane se concederla o meno, e la sua decisione si baserà anche sul parere del comitato scientifico.

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Il Comitato De Grazia chiede il potenziamento della procura di Paola

23 aprile 2010 Commenti chiusi

Amantea - Con la lettera che segue, il comitato Natale De Grazia ha chiesto, al Ministro della Giustizia ed al Consiglio Superiore della Magistratura  il potenziamento della Procura di Paola, sott’organico e privo di risorse da qualche anno, ma impegnato in delicatissime indagini che necessitano di uomini e mezzi più adeguati. Inoltre le Procure non dovrebbero essere costrette ad occuparsi di problematiche le cui competenze ricadono su altri enti, come la gestione del territorio e la difesa dell’ambiente.

Spett.le

Bruno Giordano - incontro con ambientalisti (Foto: nuovacosenza.com)

Ministero della Giustizia
Segreteria del Ministro
Via Arenula, 70
00186 ROMA

Spett.le
Consiglio Superiore della Magistratura
Piazza Indipendenza, 6
00185 Roma

e P.C.

Procura della Repubblica di Paola
dott. Bruno Giordano
C/o Tribunale di Paola
Rione Giacontesi, 1
87027 Paola (CS)

AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA

Oggetto: Richiesta potenziamento Procura di Paola.

Il Comitato civico in intestazione, attivo dall’anno 2004 per seguire la vicenda del traffico illecito di rifiuti che interessa in special modo la Calabria ed il nostro territorio in  particolare, si rivolge alle Istituzioni in indirizzo per chiedere il potenziamento degli uffici giudiziari della Procura della Repubblica di Paola (CS).

Siamo un gruppo di cittadini che vive nel comprensorio del comune di Amantea (CS) e stiamo assistendo da un pò di tempo a questa parte, ad un depotenziamento degli uffici della procura di Paola. Fino a qualche anno fa il capo di questa procura poteva contare su 5/6 sostituti, dopo il programmato trasferimento della dott.ssa Antonella Lauri, il procuratore dott. Bruno Giordano, potrà contare sulla collaborazione di un solo sostituto.

La procura che opera nell’ambito territoriale del Tribunale di Paola, con competenza su ben 32 comuni che vedono la popolazione moltiplicarsi nella stagione estiva, già da qualche anno è sott’organico, priva di mezzi economici necessari allo svolgimento della normale attività degli uffici giudiziari. Il procuratore necessita di un’auto di servizio e il personale, che con lui collabora, dovrebbe essere dotato di risorse adeguate per poter svolgere degnamente il lavoro istituzionale e non essere costretto a dover ricorrere a proprie risorse per sostenere i costi di missioni e trasferte.

Siamo coscienti che il problema della giustizia è un problema nazionale, ma sappiamo anche che sia il C.S.M. che il Ministro della Giustizia hanno dimostrato attenzione per il rafforzamento degli organici giudiziari in luoghi che maggiormente lo necessitano, come per esempio Reggio Calabria, dove recentemente è stato rafforzato il numero dei magistrati inquirenti e giudicanti.

A nostra memoria non ricordiamo un altro periodo in cui la procura di Paola sia stata retta da un procuratore capo così determinato ad affrontare i problemi della costa tirrenica cosentina, specialmente quelli delittuosi, legati al traffico illegale di rifiuti pericolosi ed alla diffusione delle criminalità organizzata sul territorio.

Il dott. Giordano ha il sostegno dei cittadini per le delicate indagini che sta conducendo, in particolar modo quelle relative allo smaltimento illecito di rifiuti pericolosi nella vallata del fiume Oliva, il caso Marlane di Paria a Mare ed il traffico di rifiuti nocivi in generale che ancora oggi continua ad interessare il nostro territorio e l’inquinamento del mare, preziosa risorsa per la nostra Regione. Poi c’è il caso molto delicato di malasanità e non solo dell’Istituto Papa Giovanni, ipotesi di pedofilia praticata da uomini di Chiesa, senza dimenticare il contrasto al traffico di stupefacenti, il cui consumo è sempre più diffuso tra i giovanissimi, vittime di organizzazioni criminali che alimentano i loro profitti a danno della salute dei giovani di questa terra.

Non vogliamo credere, che dietro il depotenziamento della procura di Paola ci sia un disegno  prestabilito da lobby per ostacolare e isolare il procuratore Giordano per le delicate inchieste che sta conducendo, ma soltanto una mancanza di attenzione verso il problema della giustizia di questo territorio, con “distrazione” di fondi pubblici verso altri settori ritenuti prioritari.

Preghiamo le SSLL, da comuni cittadini che amano il proprio territorio e intendono stare dalla parte delle persone perbene che reggono le Istituzioni, di inserire tra le urgenze da prendere in considerazioni quella del rafforzamento della procura di Paola, non solo aumentando gli organici degli uffici, ma anche supportandola di mezzi economici e tecnici necessari ad un idoneo svolgimento del loro lavoro.

Sicuri di interpretare anche la volontà di decine di migliaia di cittadini che vivono nel comprensorio, confidiamo nella vostra attenzione e sensibilità, porgendo distinti saluti.

Amantea, 21/04/2010

Per il Comitato Civico Natale De Grazia
Il Presidente
Gianfranco Posa

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L’Ucraina produrrà combustibile nucleare

23 aprile 2010 Commenti chiusi

L’Ucraina produrrà combustibile nucleare
Il Paese di Chernobyl costruisce nuovi reattori

LIVORNO. Il nuovo presidente filorusso dell’ucraina, Viktor Ianukovich, ha annunciato oggi in una conferenza stampa che «L’Ucraina rilancia la produzione nazionale di uranio e pensa di realizzare un impianto di combustibile nucleare». Il tutto nel Paese di Chernobyl che si appresta a celebrare il triste anniversari del peggior disastro della breve storia del nucleare civile.

«Abbiamo intenzione di riaprire la produzione di uranio nei nostri giacimenti e pensiamo di costruire un impianto di combustibile nucleare – ha ribadito Ianukovich – La Russia controlla oggi il 100% del mercato nazionale del combustibile nucleare. Ce ne riprenderemo la metà».

Quindi il nuovo regime ucraino intende abbandonare i contatti con americani ed europei, avviati dai precedenti governi filo-occidentali nati dalla “rivoluzione arancione” per acquistare carburante nucleare al di fuori dalla Russia, con non pochi problemi, visto che le vetuste centrali sovietiche rischiavano di “sballare” con carburanti diversi… A quanto pare gli ex compagni russi sono di nuovo saldamente in sella ed anche l’asserita “indipendenza” uranifera e nucleare dalla Russia sembra un gioco delle parti messo in piedi da Mosca e Kiev: sempre oggi  lo stesso Ianukovich ha detto: «I negoziati sul credito russo che finanzierà al 100% il cantiere dei due reattori su un sito nucleare ucraino sono quasi terminati». Intanto i lavori di ampliamento della centrale (come si vede dalla foto pubblicata su Ria Novosti) sono già avviati.

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Valle Oliva. Oggi al via preparativi per carotaggi

21 aprile 2010 Commenti chiusi

CALABRIA, Valle Oliva: riunione in Procura per carotaggi. Da lunedì si inizia

21/04/2010 17.05 (ANSA) – CAMPORA SAN GIOVANNI (COSENZA) - Si e’ svolta stamani una riunione operativa per organizzare i carotaggi nelle aree del torrente Oliva, dove si sospetta siano stati nascosti rifiuti tossici e nocivi. All’incontro, svoltosi presso la sede della Capitaneria di porto a Campora San Giovanni, hanno partecipato, tra gli altri, il Procuratore della Repubblica di Paola, Bruno Giordano, e rappresentanti dell’Agenzia per l’ambiente della Calabria (Arpacal). Le attivita’ inizieranno lunedi’ con i primi carotaggi che saranno effettuati quasi nei pressi della foce del torrente Oliva. Successivamente mercoledi’ si passera’ nella zona a monte del torrente. Nel corso della riunione di oggi sono state decise le modalita’ con le quali saranno effettuate le operazioni. ”La macchina – ha detto il procuratore Giordano – e’ messa in moto. Oggi abbiamo definito gli ultimi dettagli e abbiamo predisposto anche tutte le attrezzature necessarie per effettuare il lavoro. Ci sara’ bisogno infatti di conservare i reperti sui quali saranno effettuate le analisi”. L’inchiesta sui rifiuti nascosti nelle aree del torrente Oliva e’ condotta dalla Procura di Paola. Nell’ambito dell’indagine sono state anche sequestrate due aree di novemila e mille metri quadrati ricadenti nel demanio fluviale. Sempre nella zona del torrente Oliva la Procura ha raccolto testimonianze ed elementi circa la presenza di rifiuti radioattivi che, secondo gli inquirenti, sarebbero stati interrati negli anni ’90.

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Strano incidente stradale: in coma il figlio di Francesco Fonti

20 aprile 2010 Commenti chiusi

GLI STRANI INCIDENTI DEI PENTITI CHE PARLANO DELLE “NAVI DEI VELENI

In coma dopo uno starno incidente stradale il figlio del pentito Francesco fonti che parlò di “navi dei veleni”. Pochi mesi fa un altro strano incidente al pentito Di Giovine prima di essere ascoltato dalla Commissione Ecomafie

di Nerina Gatti  – 16 aprile 2010

Fonte: http://www.nerinagatti.com/?p=1031


E’ in coma dopo uno strano incidente stradale il figlio di Francesco Fonti
, il collaboratore di giustizia che per primo aveva parlato dell’ accordo tra ‘ndrangheta, servizi segreti e alcuni politici per lo smaltimento dei rifiuti tossici e radioattivi con le cosìdette “navi dei veleni”.

Il giovane sarebbe finito con una macchina in un burrone, racconta l’avvocato di Fonti Claudia Conidi è ricoverato in terapia intensiva in un ospedale a Torino. “Mi auguro che questo sia solo un tragico incidente – afferma la Conidi- anche se trovo assai inquietante che pochi mesi fa sia capitato un altro strano incidente stradale al mio assistito Emilio Di Giovine, proprio nello stesso giorno in cui comunicò alla Commisione Ecomafie la sua volontà di essere ascoltato sulla vicenda delle navi dei veleni” .

Le dichiarazioni del pentito Emilio Di Giovine, boss del clan Di Giovine – Serraino, potrebbero avvalorare ciò che Francesco Fonti va dicendo da anni. Nel memoriale che consegnò alla Direzione nazionale antimafia nel 2003 e in sede di colloqui investigativi, Fonti aveva parlato anche di traffici di sostanze nocive e nucleari effettuati dal noto trafficante di armi olandese Theodor Cranendonk , che era in affari con i clan Serraino-Di Giovine di Milano. Cranendonk era stato condannato a 10 anni di reclusione nel 1999 dal Tribunale di Milano per aver fornito 30 bazooka alla cosca dei Di Giovine-Serraino, ma era riuscito ad evadere ed è stato arrestato qualche settimana fa a Rotterdam dalla polizia olandese. L’Italia dovrebbe chiederne l’estradizione per finire di scontare la pena. Staremo a vedere.

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Crotone. Tutti contro l’amianto

19 aprile 2010 Commenti chiusi
CROTONE. E’ la prima azione legale di massa che la storia della Calabria ricordi: i lavoratori ammalatisi di cancro per il contatto con l’amianto contro le due principali fabbriche della città. In lotta contro il tempo.

Totò ha i capelli grigi, le mani grosse da lavoratore e una dannata fretta di raccontare. Pedala a passo lento sul corso di Crotone, a poche centinaia di metri dalla Casa della Cultura, dove l’associazione Fabbrikando l’Avvenire ha appena concluso il suo incontro con stampa e cittadinanza. All’ordine del giorno c’è la prima azione legale di massa che la storia di questa città ricordi: unire i lavoratori ammalatisi di cancro per il contatto con l’amianto nelle due principali fabbriche crotonesi (Pertusola Sud, di proprietà Syndial-ENI, e Montecatini, poi acquisita da Enichem) in un’azione legale collettiva contro i loro avvelenatori.

In disperata lotta contro il tempo: quello lungo della giustizia, e quello veloce, e implacabile, della malattia. Per questo, Totò ha fretta. Saluta, e senza preamboli inizia la sua storia: «Io ho lavorato nella fabbrica per trentacinque anni. Nella fabbrica c’era sempre nebbia, e l’aria piena di gas. Tutti sapevano che quel fumo uccideva. Tutti, tranne noi».

Anche lui, come centinaia di altra gente, appena consegnato la sua cartella clinica nelle mani del pool di avvocati volontari di Fabbrikando l’Avvenire: un’associazione di ex operai e membri della società civile, che da qualche anno si è messa in testa di abbattere il muro di gomma che circonda l’ex zona industriale a ridosso del mare, e della città. «Io sono stato già operato tre volte – racconta con spiazzante lucidità – e lo so che le medicine non fanno niente. Ma il problema, avvocà, è che quando ce ne andiamo noi la verità ci segue nella tomba. E allura ti salutu».

Per questo vuole sapere. Chiede insistentemente se la causa inizierà a maggio, o a giugno, e se si saprà qualcosa entro l’anno. «Ma il lavoro da fare – avvertiva poco prima in conferenza stampa Pino Greco, ex operaio di Pertusola Sud e presidente dell’associazione – è ancora tanto». Tutto è cominciato con la produzione di un Libro bianco sull’amianto a Crotone, con cui la sua associazione per la prima volta ha testimoniato la massiccia presenza in città dell’amianto, esponendone i rischi, qui aggravati da una «promiscuità ancora oggi preoccupante – come si legge, all’interno del libro bianco, nella relazione del Responsabile del servizio di prevenzione igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro dell’Asp di Crotone – tra l’ex area industriale e la catena di produzione alimentare: campi di coltivazione, caseifici, mercati ortofrutticoli». E poi le case, le prime a un tiro di schioppo. Infine i rischi altissimi per le migliaia di operai e dipendenti dell’indotto che «per otto ore al giorno, e per quarant’anni, sono stati esposti alle stesse sostanze tossiche, a concentrazioni infinitamente maggiori di quanto le stesse non siano a livello ambientale».

Il secondo passo è stato convincere gli ex lavoratori ammalatisi, che il loro risarcimento è un diritto civile: «Abbiamo raccolto centinaia di cartelle cliniche – racconta l’avvocato Iannone – fra i dipendenti che hanno già intentato (e perso) la causa civile contro Pertusola Sud e le altre industrie, e fra quelle persone che, per mancanza di fiducia nella Giustizia, per la psicosi a documentarsi sul proprio stato di salute, o per il dolore privato della malattia in atto, non hanno ancora mai pensato alla possibilità di chiedere un risarcimento».
Per tutti questi motivi, specifica Iannone, «non c’è ad oggi in città una coscienza civica degli ex lavoratori e dei cittadini sull’entità dei danni alla salute e all’ambiente causati dall’amianto in tutti questi anni». Da domani, la loro azione legale sarà triplice: aiutare i dipendenti ammalatisi e i familiari di quelli già deceduti a costituirsi parte civile nei processi penali in atto, fornire nuove prove ai circa duemila procedimenti civili tuttora in corso, e intentare nuove cause per il ristoro dei danni subiti. La salute, quella nessuno potrà riaverla.

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Abruzzo: per la discarica illegale più grande d’Europa 27 in giudizio.

19 aprile 2010 Commenti chiusi

ABRUZZO. Lungo la Roma-Pescara c’è la discarica illegale più grande d’Europa. Contiene 240mila tonnellate di veleni come l’arsenico, in livelli superiori di 56 volte rispetto alla legge, o il mercurio maggiore di 3.780.

di Alessandro De Pascale

Fonte: http://www.terranews.it/news/2010/04/una-valle-oltre-i-limiti

La scoperta di una delle più grandi discariche illegali d’Europa, piena di sostanze tossiche e pericolose risale al 12 marzo del 2007. Quando in seguito a diverse segnalazioni, il Corpo forestale dello Stato la mette sotto sequestro. Una stretta valle piena di veleni, adiacente al polo chimico di Bussi, in provincia di Pescara, sotto i cavalcavia dell’autostrada dei Parchi (A24) che collega Roma con la città costiera abruzzese. Secondo la magistratura, che parla di «un disastro ambientale di immani proporzioni», la responsabilità sarebbe della Montedison, il grande gruppo italiano della chimica. Proprietaria fino al 1999 degli stabilimenti situati a ridosso della discarica di Bussi, in Val Pescara, oggi venduti alla Solvay.
Tanto che questa settimana si è aperto il processo, il più importante su reati ambientali e responsabilità d’impresa, dopo quello di Porto Marghera. Gli imputati sono 27 tra cui 19 tra responsabili, amministratori delegati e direttori della Montedison. Per loro i reati contestati sono avvelenamento delle acque e disastro ambientale. Sotto processo anche vari funzionari pubblici che avrebbero omesso alla popolazione il grave inquinamento, provocato dai veleni, delle falde acquifere della zona. Fino al 2008 convogliate nella rete idrica di tutti i comuni della Val Pescara. Secondo una prima stima approssimativa quei terreni nascondono almeno 240mila tonnellate di materiali altamente inquinanti e nocivi, principalmente scarti di lavorazione degli stabilimenti chimici.

Il problema, spiega Italia Nostra, parte civile nel processo assieme a molte altre associazioni ambientaliste, è che «nell’area risultano essere presenti falde acquifere che scorrono pochi metri al di sotto del piano di appoggio della discarica abusiva». Che contiene tutte le più pericolose sostanze tossiche e in grandi quantità. Giusto per fare un esempio è stato trovato arsenico con valori superiori di 56 volte al limite consentito. Il Mercurio di 3.780 volte, il triclorometano con livelli fuori norma di tre milioni di volte. Ma c’è anche piombo, zinco, idrocarburi e solventi organici clorurati. La preoccupazione della popolazione è proprio l’inquinamento del suolo e del sottosuolo, iniziato negli anni Sessanta. Anche perché una volta scoperta la mega discarica, grande oltre quattro ettari, a venti metri dalla riva del fiume Pescara, la bonifica e la messa in sicurezza dei luoghi non è ancora stata fatta. La gente che vive nella valle ha paura. Per decenni potrebbe aver bevuto acqua contaminata, vivendo a contatto con una bomba ecologica. Per le associazioni ambientaliste «anche in assenza di un riconoscimento formale di responsabilità, Montedison dovrebbe comunque essere investita del procedimento di bonifica».

Sulla base del decreto legislativo 152 del 2006 che recependo i principi comunitari in materia di tutela ambientale stabilisce che «chi inquina paga». La stessa legge prevede inoltre che in caso di inerzia del responsabile «è obbligo della pubblica amministrazione attivarsi e intervenire direttamente, senza passaggi intermedi e senza dover compiere attività o verifiche ulteriori». La valle insomma plaude all’inizio del processo, per l’avvelenamento la prescrizione scatterà nel 2015 mentre per gli altri reati minori dal 2010, ma prima di tutto bisogna salvaguardare la salute delle persone.

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