Rifiuti tossici ed eccellenti

Rifiuti tossici ed eccellenti

Parlamento. Ministero. Regione. Dopo la denuncia de ‘L’espresso’ partono le prime iniziative per individuare le scorie di materiale pericoloso smaltite in Basilicata

di Riccardo Bocca

Sono a totale disposizione dei magistrati per indicare dove si trovano i rifiuti tossici provenienti dall’Enea di Rotondella. Già in passato ho collaborato con la giustizia e l’attendibilità delle mie dichiarazioni è stata dimostrata nei processi. Lo stesso accadrà stavolta. La mia unica richiesta è che mi vengano pagate le spese delle trasferte: un’esigenza a prima vista scontata, ma che fino a questo momento non è stata accolta da chi indaga… A parlare in esclusiva con “L’espresso” è l’ex boss della ‘ndrangheta di cui il nostro giornale ha pubblicato lo scorso numero un esplosivo memoriale, consegnato nei giorni precedenti alla Direzione nazionale antimafia. Pagine nelle quali l’allora capo malavitoso, anonimo per ragioni di sicurezza, condannato per associazione a delinquere e traffico internazionale di stupefacenti, ha svelato episodi inediti sullo smaltimento clandestino di scorie tossiche e radioattive. Un business in cui, stando alle sue dichiarazioni, sarebbero stati coinvolti governi e mafiosi, servizi segreti e massoni, industriali e faccendieri. Tutti protagonisti di azioni tanto gravi quanto ignote all’opinione pubblica, come l’affondamento di navi cariche di bidoni tossici e il seppellimento di fusti in Somalia, terra segnata dall’assassinio dei giornalisti Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. “Ora dipende dai magistrati”, dice l’ex boss: “Se davvero sono determinati a cercare la pattumiera radioattiva, e se la politica non ostacolerà il loro lavoro, troveranno le prove dei traffici avvenuti tra gli anni Ottanta e Novanta”. Un obiettivo che potrebbe rivelarsi abbordabile, almeno sul fronte italiano. Nel suo racconto, il collaboratore ha rivelato infatti una duplice operazione con cui tra il 1987 e il 1993 sarebbero stati smaltiti centinaia di fusti tossici e radioattivi in Somalia e Basilicata. La località dove scavare, sostiene l’ex boss, è Coste della Cretagna, nei pressi del fiume Vella. Un’area in cui sta cercando riscontri anche la Direzione distrettuale antimafia di Potenza, che nel 2000 ha aperto un’indagine per verificare presunte irregolarità del centro Enea. A riguardo, il silenzio del sostituto procuratore Felicia Genovese è totale. Fonti a lei vicine accolgono invece “le indicazioni dell’ex boss con il massimo interesse”, annunciando che “procederanno a pieno ritmo per fornire alla popolazione le necessarie certezze”. “Non c’è dubbio che dopo le rivelazioni pubblicate da “L’espresso” le procure debbano accelerare le indagini”, commenta Paolo Russo, presidente della Commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti: “Io stesso, se necessario, chiederò l’intervento dell’Istituto nazionale di geofisica, capace di individuare reperti metallici a 30 metri di profondità. E intanto la nostra Commissione prepara a brevissimo una trasferta in Basilicata”. Da parte sua, il presidente della Basilicata Vito De Filippo (Margherita) non ha perso tempo. Dopo l’uscita de “L’espresso” ha attivato un gruppo tecnico di supporto alla giunta con il contributo del Cnr. Inoltre è stato deciso di convocare il tavolo della trasparenza sul nucleare, ulteriore organismo di monitoraggio, mentre Carmine Nigro, presidente della Provincia di Matera, ha spiegato che per trovare i fusti verranno utilizzati anche i satelliti, disponibili grazie a una “convenzione che l’ente pubblico sta per firmare con la società Telespazio”. Un quadro di intervento a prima vista apprezzabile, a cui vanno aggiunti i carabinieri del Noe (Nucleo operativo ecologico), incaricati di indagare dal ministero dell’Ambiente. “La questione, in un certo senso, è semplice”, dice il presidente Paolo Russo: “Se le notizie del memoriale sono false, allora lo si dimostri. Altrimenti bisogna esigere la verità, per quanto scomoda”. Anche per questo il nostro giornale ha contattato Tommaso Candelieri, il dirigente dell’Enea tirato in ballo dall’ex boss. Nel memoriale si legge che nel 1987 avrebbe partecipato allo smaltimento clandestino di rifiuti pericolosi in Basilicata e in Somalia, e che la cosa si sarebbe ripetuta nel 1992, quando sarebbero stati smaltiti “altri mille bidoni di rifiuti tossici e radioattivi”. Per quale ragione l’ex boss della ‘ndrangheta ha fatto il suo nome? E qual è la sua versione dei fatti? Candelieri, malgrado la disponibilità de “L’espresso”, preferisce non entrare nel merito. Dichiara invece alle agenzie di stampa che “le notizie relative” alla sua “persona sono false nella loro interezza”, e annuncia di avere “affidato al legale di fiducia di procedere in sede e civile e penale”. Altrettanto sintetico, ma con tutt’altro spirito, è l’attuale segretario del Nuovo partito socialista Gianni De Michelis, anch’egli coinvolto dall’ex boss della ‘ndrangheta. Assai preciso, nel memoriale, è il racconto di una cena del 1992 al ristorante Villa Luppis, a Pasiano di Pordenone. “Partii in auto da Milano con Consolato Ferraro”, scrive il collaboratore di giustizia, “e quando arrivammo ci sedemmo a tavola con De Michelis e un imprenditore del luogo”. L’ex ministro degli Esteri, si legge, “diceva che senza i politici noi della malavita non saremmo esistiti, e che se la politica avesse voluto spazzarci via lo avrebbe fatto senza problemi (…). Inoltre parlai con De Michelis di Somalia, armi e rifiuti”, continua l’ex boss: “Sosteneva che i politici avrebbero potuto trasportare qualunque cosa senza la collaborazione della ‘ndrangheta, e che ci usavano per comodità (…)”. Parole pesanti, sufficienti per ipotizzare una ragnatela di relazioni inconfessabili tra Palazzo e ‘ndrangheta, ma il numero uno del Nuovo Psi non si scompone. Anzi: “Non ho niente da replicare”, spiega a “L’espresso”: “Non c’è nulla rispetto a cui debba reagire perché non c’è nulla che mi riguardi. E poi”, aggiunge, “la legge sui pentiti dice che l’ex boss avrebbe dovuto raccontare queste cose entro 180 giorni. Se così è stato, in tutto questo tempo i magistrati non hanno trovato interessante la cosa. Se invece ha parlato soltanto adesso, i termini di legge sono scaduti”. Quale sia la verità, e quali le responsabilità delle persone citate nel memoriale, lo dovranno stabilire i magistrati. Va registrata, ad esempio, la smentita dell’ex ministro della Difesa Lelio Lagorio, secondo il collaboratore di giustizia in contatto con il capo della ‘ndrangheta Giuseppe Nirta. E altrettanto fa l’ex sindaco di Milano Paolo Pillitteri, il quale dice di “essere caduto dalle nuvole, e di non poterne più di accuse sui traffici italo-somali”, già oggetto di un processo che lo ha visto assolto. Nel frattempo la politica chiede risposte certe. Il deputato della Margherita Ermete Realacci ha presentato un’interrogazione ai ministri dell’Ambiente e degli Esteri “sulle rivelazioni gravissime” dell’ex boss, domandando come e quando il governo intenda muoversi. Gianfranco Blasi di Forza Italia ha richiesto con un atto ufficiale che “il Parlamento sia immediatamente informato sullo sviluppo delle indagini”, mentre i deputati diessini Salvatore Adduce, Donato Piglionica e Antonio Luongo hanno proposto con un’interrogazione di creare un dossier della Commissione sul ciclo dei rifiuti per aiutare i magistrati. La parola d’ordine tra i partiti, almeno ufficialmente, è insomma “collaborazione”: da An a Rifondazione. Non soltanto per quanto riguarda l’emergenza fusti tossici della Basilicata. Dalle parole dell’ex boss parte un altro filone che andrà approfondito: quello legato ai business occulti tra Italia e Somalia ai tempi della cooperazione. La stessa trama che secondo alcuni avrebbe portato all’eliminazione di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. I genitori di Ilaria dicono a “L’espresso” di essere rimasti “basiti e allarmati” dal memoriale dell’ex boss. “Ora”, aggiungono, “vanno verificati gli elementi disponibili”, a partire dall’indicazione dei luoghi dove sarebbero seppelliti i fusti tossici. Sarà fatto? Lo spera Mirko Martini, secondo l’ex boss coinvolto nel traffico di rifiuti con la Somalia, il quale nega ogni addebito rivendicando anzi un ruolo positivo nel tentativo di pacificazione delle fazioni somale. E lo spera soprattutto il verde Mauro Bulgarelli, che nei mesi scorsi si era polemicamente sospeso dalla Commissione parlamentare Alpi-Hrovatin. “Adesso”, dice, “la Commissione dia maggiore ascolto a quanti avevano privilegiato la pista dei rifiuti tossici. Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia”, aggiunge, “rinforzano l’ipotesi secondo cui Ilaria e Miran avevano scoperto un pericoloso intreccio tra traffici d’armi e rifiuti tossici”. Parole che si sommano a quelle di Raffaello De Brasi, vicepresidente della Commissione Alpi-Hrovatin. Il quale dice: “Accerteremo l’attendibilità dell’ex boss della ‘ndrangheta. Nessuna pista è esclusa, ma abbiamo ancora tanto lavoro da fare”. Non sono gli unici.