Il relitto dei veleni

Il relitto dei veleni

di Riccardo Bocca del 12 Settembre 2009

Trovata sui fondali marini della Calabria una motonave da carico. Che potrebbe aiutare a risolvere i molti misteri dei carichi di rifiuti tossici fatti affondare dalla ‘ndrangheta

E’ stata trovata e filmata. Al largo di Cetraro, costa cosentina della Calabria. A 472 metri di profondità. Si tratta di una nave da carico lunga circa 120 metri e larga venti. Un’imbarcazione appoggiata sul fianco, che nella parte destra mostra uno squarcio.

Poco più in là, documentano le immagini, c’è un bidone. Imploso dalla pressione del mare. Il che significa che ciò che conteneva si è disperso nell’acqua. E putroppo, tutto fa pensare che fossero sostanze tossico nocive, se non radioattive.

Questo è il risultato di una lunga e dolorosa storia iniziata il 14 dicembre del 1990 sulla spiaggia di Formiciche, Calabria, a sud di Paola e a nord di Lamezia Terme. Qui si è arenata la motonave Rosso, secondo gli armatori Messina per un incidente procurato da una tempesta. Gli investigatori, invece, sospettarono da subito che a bordo ci fossero sostanze nocive che avrebbero dovuto essere smaltite illegalmente sui fondali marini, e che invece sarebbero finite causa maltempo sulla costa prima di essere seppellite nell’entroterra.

Da lì, da quel mistero, è partita un’indagine ad ostacoli su un mistero ancora più grande e inquietante: la possibilità che decine di vecchie navi siano state mandate appositamente a picco per smaltire coste tossiche e radioattive. Un’operazione durata anni con la complicità di governi europei e non, servizi segreti e ‘ndrangheta. Una storia che “l’Espresso” ha seguito passo dopo passo, raccontando i tanti indizi che portavano verso questa verità inconfessabile. Incrociando, a un certo punto, il dossier che un ex boss dell’andrangheta ha consegnato nel 2005 alla Direzione distrettuale antimafia, dove confessava di avere gestito in prima persona l’affondamento di alcune carrette del mare.

“Per la precisione nel 1992″, ha scritto il boss, “quando nell’arco di un paio di settimane abbiamo affondato tre navi indicate dalla società Messina: nell’ordine la Yvonne A, la Cunski e la Voriais Sporadais (…). La Yvonne A, ci disse la Ignazio Messina, trasportava 150 bidoni di fanghi, la Cunski 120 bidoni di scorie radioattive e la Voriais Sporadais 75 bisoni di varie sostanze tossico-nocive. Ci informò anche?, si legge, ?che le imbarcazioni erano tutte al largo della costa calabrese in corrispondenza di Cetraro, provincia di Cosenza (…). Andammo a Cetraro e prendemmo accordi con un esponente della famiglia di ‘ndrangheta Muto, al quale chiedemmo manodopera (…). Poi facemmo partire tre pescherecci forniti dalla famiglia Muuto e ognuno di questi raggiunse le tre navi per piazzare candelotti di dinamite e farle affondare”.

Da qui sono partiti gli approfondimenti della Procura di Paola, che oggi sotto la guida del procuratore capo Bruno Giordano e con un’operazione condotta per volontà della Regione Calabria (e in particolare per volontà dell’assessore all’Ambiente Silvio Greco) hanno ottenuto un primo, importantissimo risultato: la scoperta di una nave mercantile, affondata in segreto proprio dove aveva indicato il pentito della ‘ndrangheta. Al largo di Cetraro. Per giunta, mai segnalata nei registri degli affondamenti ufficiali. “Finalmente si è squarciato il velo”, commenta il procuratore capo Giordano. “Provo grande soddisfazione ma anche raccapriccio. Pensare che il Mediterraneo, e in particolare la costa calabrese, siano state usate come discarica per rifiuti tossici o radioattivi, mi turba. Detto questo, una cosa è certa: andremo avanti nel nostro lavoro, fino alla completa scoperta della verità”.

L’operazione, va sottolineato, è stata particolarmente complessa per le condizioni di mare e vento degli ultimi giorni, ed è stata condotta sulla nave Copernaut Franca della società Nautilus dalla Regione Calabria con l’Arpacal (Agenzia regionale protezione ambiente). Da questa nave, è stato calato il cosiddetto Rov, un robot che nel punto individuato (coordinate 39 gradi 28.50 primi nord, 15 gradi 41.57 primi est) è sceso sotto la teleguida della società Arena sub a quasi 500 metri di profondità filmando il relitto.

Un elemento, a questo punto, è particolarmente significativo. Se si appurasse che la nave sul fondale è la Cunski, come sospettano gli inquirenti, si aprirebbe uno scenario di eccezionale gravità. Rileggendo le cronache del 1988, infatti, si scopre che questa imbarcazione partecipò alla rimozione dal Libano di 2 mila 200 tonnellate di rifiuti tossici, arrivati l’anno prima dall’Italia. Inoltre, è notizia riservata di questi giorni l’esistenza di una registrazione tra due appartenenti al clan Muto, dove si ascolta la seguente frase: “La nave va affondata”. E infatti, una nave è stata affondata.