Cordoglio per la scomparsa della moglie di Giannino Losardo

17 dicembre 2021 Commenti chiusi

Il comitato civico Natale De Grazia ha appreso con dolore la notizia della scomparsa di Rosina Gullo, vedova di Giovanni Losardo e si unisce al dolore che ha colpito la sua famiglia. Possa riposare in pace una donna che ha vissuto una vita nel dolore, con la speranza che i responsabili di quel dolore possano essere assicurati alla giustizia.

In questa triste occasione, ci sembra doveroso rievocare il contributo che Giannino ha offerto alla società civile calabrese, opponendosi al potere criminale che in quel periodo era molto pervasivo sul tirreno cosentino e soprattutto a Cetrato, la città in cui denunciava, da consigliere comunale, il malaffare e le connivenze, e spesso lo faceva da solo. Per tale ragione venne assassinato nell’estate del 1980. Un assassinio che non ha visto mai pagare i responsabili e per il quale attendiamo ancora giustizia.

Rimaniamo fiduciosi nelle istituzioni, ma sappiamo bene che in Calabria esse da sole non bastano. Accanto ad un impegno rinnovato dello Stato serve una maggiore consapevolezza di tutti i cittadini nella lotta contro la ‘ndrangheta, in memoria di Giannino e degli altri martiri civili, e in forza dell’esempio e del testamento di giustizia che ci hanno affidato.

Il Comitato Civico Natale De Grazia

 

Fiume Oliva. La Corte d’Assise d’appello di Catanzaro vuole approfondire le indagini

14 maggio 2019 Commenti chiusi

Catanzaro, 14 maggio 2019 - Nel fiume Oliva «bisogna approfondire le indagini». E’ quanto ha deciso la Corte d’assise d’appello di Catanzaro nell’udienza del  13 maggio. La Corte ha accolto la richiesta del Pubblico ministero – a cui si sono associate le parte civili tra cui il Comitato De Grazia -, di procedere alla verifica dei rifiuti prodotti dalla ditta Coccimiglio Cesare & C. Snc dall’anno 2001 all’anno 2011 e la quantità effettivamente smaltita in impianti autorizzati.

In pratica, i consulenti nominati dalla Corte, dovranno esaminare la documentazione e verificare se tutti i rifiuti prodotti dalla ditta Coccimiglio siano stati regolarmente smaltiti.

A tale richiesta si era opposta nell’udienza del 5 marzo scorso la difesa di Cesare Coccimiglio, unico imputato nel processo di appello. L’avvocato Nicola Carratelli aveva argomentato sostenendo che già nel processo di primo grado sarebbe stato accertato che i rifiuti rinvenuti nell’Oliva non fossero stati prodotti in zona e che sul ciclo di produzione dell’azienda aveva già ampiamente indagato la procura di Paola. Nell’ultima udienza i giudici della Corte hanno sciolto la riserva accordando la richiesta del PM e nominando i consulenti che dovranno occuparsi degli ulteriori accertamenti.

Quindi ci vorrà ancora tempo per  mettere la parola fine alla vicenda del fiume Oliva dove, secondo la Corte d’assise di Cosenza, si è consumato un vero e proprio disastro ambientale che fino ad oggi non ha ancora un responsabile.

Intanto nella vallata dell’Oliva continuano a rimanere interrati circa 160 mila metri cubi di rifiuti industriali che secondo l’Analisi del rischio redatta da Ispra e Arpacal dovrebbero essere rimossi. I lavori di messa in sicurezza, al momento, spetterebbero alla Regione Calabria che fino ad oggi non ha avviato nessuna procedura e non ha stanziato i fondi necessari. Se dal processo di Appello di Catanzaro dovesse uscire un responsabile, il risanamento del territorio, per il principio “chi inquina paga”, spetterebbe a quest’ultimo.

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L’intervento del portavoce del comitato De Grazia durante l’incontro con Maurizio Landini (Cgil)

31 gennaio 2019 Commenti chiusi

«Nel fiume Oliva sono stati accertati i reati di disastro ambientale e di avvelenamento delle acque» è quanto ha affermato Gianfranco Posa, portavoce del comitato Natale De Grazia, durante il suo intervento nel corso del dibattito sulla Bonifica del territorio organizzato dalla CGIL di Cosenza e Castrovillari (il 14 gennaio) ed al quale ha partecipato anche il segretario nazionale del sindacato Maurizio Landini. Posa ha inteso fare chiarezza sulla vicenda dell’Oliva citando due documenti ufficiali che riguardano il caso dell’Oliva: La sentenza della Corte d’Assise di Cosenza e l’Analisi del rischio elaborata da Ispra e Arpacal.

Secondo l’ambientalista, la sentenza della Corte d’assise di Cosenza che ha assolto gli imputati – perché non è stata dimostrata la loro responsabilità “oltre ogni ragionevole dubbio” – ha però confermato che nell’Oliva è stato perpetrato un disastro ambientale, che si è consumato in trent’anni di interramenti sistematici di rifiuti, una quantità di veleni stimata tra 160 e 180 mila metri cubi, pari a circa 15mila viaggi di camion. Tra questi rifiuti, anche fanghi industriali contaminati da metalli pesanti (arsenico, manganese, mercurio, cobalto, cadmio, cromo, idrocarburi e il radionuclide artificiale Cesio137), sostanze che possono indurre malattie tra cui quelle tumorali. Interramenti che hanno interessato le falde acquifere tanto da essere riscontrato il reato di avvelenamento delle acque, sia di superficie che di falda. Acque che secondo la Procura venivano utilizzate per l’irrigamento dei campi e – fatto ancora più grave – per fornire acqua potabile in alcune case della frazione di Campora San Giovanni attraverso la sorgente Cannitello, che si trova in località Foresta (Serra d’Aiello), una delle più inquinate dell’Oliva.

L’analisi del rischio invece, ha stabilito che non vi è un pericolo “attuale” per la popolazione residente, ma lo ha fatto sulla base di analisi effettuate diversi anni dopo l’interramento (da venti a trenta anni di distanza) e tenendo conto solo dei rilievi effettuati dalle Arpa regionali e dall’Ispra senza prendere in considerazione i risultati delle analisi effettuate dai consulenti della Procura.

Le conclusioni dell'Analisi del Rischio redatta dall'Arpacal

L’analisi del rischio, nella parte conclusiva, stabilisce che «pur non rilevando condizioni di rischio, permanendo, a tutt’oggi, i rifiuti all’interno dell’alveo del Fiume Oliva, gli stessi soggiacciono a quanto prescrive l’art. 192 del D.Lgs. 152/06, che stabilisce “il divieto di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel suolo e l’obbligo di avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi”.  Qualora la rimozione dei rifiuti non fosse possibile, potrà essere contemplata la messa in sicurezza permanente». Anche perché i rifiuti , esposti all’erosione della acque, potrebbero essere intercettati e riportati in superficie.

L’Arpacal ha poi soffermato le sue attenzioni su un terreno adiacente il campo sportivo di Campora, sempre nella vallata dell’Oliva, risultato contaminato da amianto (Tremolite). Per questo sito l’Arpacal ribadiva la messa in sicurezza di emergenza – che non è mai stata realizzata – e la redazione di un piano di caratterizzazione e, ove le analisi avessero confermato la presenza di amianto, la necessità di smaltimento di tale materiale in discariche autorizzate.

«La competenza della rimozione dei rifiuti o della messa in sicurezza dell’area spetta alla Regione Calabria – ha ribadito Posa – che fino ad oggi, nonostante l’analisi del rischio sia stata depositata nel 2016, non si è ancora attivata». Per tale ragione il comitato De Grazia auspica la convocazione di una conferenza di servizi visto che, per quanto riferito dall’assessore regionale all’Ambiente, pare siano disponibili nelle casse regionali i fondi per risanare i territori.

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Maurizio Landini ad Amantea per sostenere la bonifica del fiume Oliva

13 gennaio 2019 Commenti chiusi

Amantea, 12 gennaio 2019 - Si terrà ad Amantea il 14 gennaio con inizio alle ore 16, un incontro pubblico organizzato dalla Cgil di Cosenza e Castrovillari, con la presenza del prossimo segretario nazionale del sindacato Maurizio Landini. Al centro del dibattito la bonifica del territorio per rilanciarne lo sviluppo nella legalità e difendere la salute dei cittadini che lo vivono.

Durante l’incontro ci saranno testimonianze da vari territori della provincia di Cosenza, da Praia a mare a Castrovillari, e ovviamente si parlerà del caso che ha fatto molto discutere in questi anni e che riguarda proprio il comprensorio di Amantea: l’inquinamento del fiume Oliva, che a distanza di 15 anni dall’inizio delle indagini giudiziarie e dalle prime analisi, ancora risulta un caso irrisolto.

All’incontro coordinato Da Massimiliano Ianni della Cgil di Cosenza prenderanno parte anche rappresentanti della Regione Calabria, Mimmo Bevacqua che presiede la Commissione ambiente e l’assessore regionale all’ambiente Antonella Rizzo. Sarà a loro che i rappresentanti sindacali si rivolgeranno insieme agli ambientalisti Stasi, Cirillo e Posa per ottenere la bonifica dei territori inquinati.


 

La bonifica? «Non necessaria». Secondo l’Arpacal nonostante gli inquinanti “non c’è pericolo”

18 aprile 2018 Commenti chiusi

Nel 2016 in commissione ambiente caso chiuso e tutto fermo, ma questo non ha fermato il Comitato De Grazia

di Valerio Panettieri su “Il Quotidiano del Sud” 17 aprile 2018

COSENZA, 17 apr. 2018  – Viste le risultanze è chiaro che bisogna parlare della bonifica di quelle zone. Cosa almeno fino ad oggi mai avvenuta, nonostante 21 milioni di euro a disposizione solamente per i lavori iniziali. Questo dovrebbe chiarire l’entitàell’inquinamento. Nel 2013 l’Ispra aveva anche specificato come tutto questo non si potesse fare con mezzi ordinari. Una operazione troppo complessa e vasta che richiederebbe mezzi speciali particolari. Cinque anni dopo di tutto questo non se ne parla neanche di striscio. L’ultima volta che la questione è entrata in una stanza istituzionale è stato nel 2016, quando il comitato civico Natale De Grazia aveva consegnato una lettera al presidente della commissione regionale Ambiente, Mimmo Bevacqua. La questione venne chiusa nella maniera peggiore possibile. “La Commissione – venne scritto nel resoconto della seduta –prende atto delle indagini dell’Arpacal che, relativamente all’inquinamento del fiume Oliva, esclude un danno diretto alla popolazione. Relativamente alla necessità di pervenire allo smaltimento dei rifiuti, dà mandato al dipartimento Ambiente di individuare un percorso per affrontare fattivamente e risolvere il problema”. Come dire: troppo tardi. La grande quantità di rifiuti, fanghi, metalli pesanti nel tempo sono state “lavate via” dal corso d’acqua, con conseguenze difficilmente interpretabili.

Questo però non ha fermato il comitato civico De Grazia che per bocca di Gianfranco Posa ha ribadito la necessità della rimozione di tutti quei rifiuti. «Purtroppo le motivazioni che hanno spinto il comitato De Grazia, in tutti questi anni, a sollecitare la bonifica – ha dichiarato Posa – trovano conferma e si rafforzano nella sentenza della Corte d’Assise di Cosenza che ha confermato il disastro ambientale compiuto nell’Oliva con conseguente inquinamento delle acque sotterrane e gravi ripercussioni sulla salute della popolazione locale. “Non vi è nessun dubbio” sostiene la Corte – fa notare il portavoce del Comitato -, circa l’interramento illecito di rifiuti pericolosi nelle profondità del bacino del fiume Oliva dovuto ad attività sistematica ed organizzata e non a sporadici abbandoni di rifiuti come qualcuno sosteneva. La stessa Corte – aggiunge – ribadisce che il fatto che nessuna opera di bonifica sia stata operata “consente di ritenere che il pericolo per la salute dei cittadini, oltre a non essere cessato, sia o possa essere anche adesso drammaticamente attuale”. Pertanto come associazione – annuncia il portavoce del De Grazia – continueremo a fare quanto possibile per ottenere la rimozione dei rifiuti presenti nel bacino del fiume Oliva, soprattutto per le aree maggiormente inquinate come Foresta e Carbonara che ricadono nell’alveo del fiume e quindi sono maggiormente soggette alla forza erosiva delle sue acque che potrebbero far risalire in superficie le sostanze inquinanti portandole verso il mare.
La Regione Calabria – Conclude Posa – in più occasioni ha dichiarato che sarebbero stati stanziati i fondi per la messa in sicurezza dell’area ma ad oggi, nonostante l’analisi del rischio –ultimo atto necessario prima della bonifica – sia stata depositata da oltre un anno, nessun intervento
è stato ancora realizzato».

I siti inquinati

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Il mistero del Cesio 137, nel 2011 l’Ispra disse “No”

18 aprile 2018 Commenti chiusi

Ma al processo gli esperti hanno confermato, Ancora troppi dubbi e misteri sul caso

di Valerio Panettieri su “Il Quotidiano del Sud” del 17 apr. 2018

COSENZA, 17 apr. 2018 – La presenza del Cesio 137 sotto terra nella briglia del fiume Oliva a pochi passi da Serra d’Aiello è certamente, tra le tante, la cosa più inquietante di questa vicenda ormai decennale.
E non è stata mai accertata al di là di ogni ragionevole dubbio. Anzi, negli anni l’Ispra ha anche derubricato quelle rilevazioni come “figlie” della radioattività di fondo di Chernobyl.
Questo radionuclide infatti è esclusivamente di origine artificiale. La sostanza che è stata ritrovata in alcuni fanghi, presumibilmente scarti industriali, e nel corso del tempo in base alle analisi fatte dagli esperti si è distribuita anche nelle zone limitrofe. Il Cesio, calcolato in Becquerel al chilogrammo, in alcune zone ha superato il valore di 93 Bq/Kg. Tutto questo distribuito in più aree: Foresta, Carbonara e Giani tra Serra D’Aiello e Aiello Calabro. Questo potrebbe aver generato un aumento delle patologie tumorali nella zona, a partire da tumori maligni del colon, retto, fegato e mammelle. Il periodo preso di riferimento sarebbe quello tra il 1992 e il 2001, quando venne registrato un eccesso statisticamente significativo di ricoveri ospedalieri per analoghe patologie rispetto a tutto il territorio regionale. E poi c’è la morte di un pescatore per neoplasie polmonari e le lesioni generate ad un altro uomo, a causa di una sarcoidosi con interessamento polmonare. I due, non residenti lì, dal 1993 avevano passato parecchie giornate in zona per pescare trote e anguille, proprio sotto la briglia in questione. Il rischio è che tutta questa fogna chimica sia passata direttamente nella catena alimentare, finendo per contaminare un’area più ampia rispetto al semplice percorso del fiume fino alla foce. Da dove arriva il cesio invece resta un mistero, vista la profondità è davvero colpa della centrale dell’ex Urss? Il sospetto è che sia il risultato di uno smaltimento illegale dei bidoni spiaggiati assieme alla motonave Jolly Rosso, anche se una verità storica non è stata mai accertata.
Certo, nel 2008 furono rilevate per la prima volta da un consulente della Procura, inizialmente suffragate dall’Ispra e infine confermate nel 2015 da un dipendente dell’agenzia per l’ambiente della Lombardia in fase dibattimentale, che ne ha individuato le cause in “residui di lavorazione industriale contaminati da sostanze certamente radioattive”.

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Il fiume Oliva affogato nei rifiuti

18 aprile 2018 Commenti chiusi

Nelle motivazioni della sentenza che ha assolto cinque imputati ribadita la contaminazione “certa” dovuta a materiale interrato

La prima pagina del quotidiano del 17 aprile

di Valerio Panettieri su “Il Quotidiano del Sud” del 17 aprile 2018

COSENZA, 17 apr. 2018 – In determinate aree del fiume Oliva, per almeno vent’anni, “senza ombra di dubbio” sono stati gettati rifiuti di ogni sorta. Da scarichi industriali a scarti di edilizia, fanghi sconosciuti dai colori innaturali (giallo, verde, azzurro), e presumibilmente sostanze radioattive di natura artificiale. Un totale di 162mila metri cubi di materiale, più o meno equivalente a quindicimila camion di grande portata a pieno carico. In poche parole, quel piccolo fiumiciattolo che attraversa le colline di Aiello e Serra d’Aiello per poi sfociare nei dintorni di Amantea, a discapito della sua oggettiva bellezza naturale, è una gigantesca discarica sotterranea. E’ stato più volte ribadito negli anni delle inchieste sulle navi dei veleni, sul traffico illecito di rifiuti della zona e a dicembre scorso certificato anche nelle motivazioni dei giudici della corte d’Assise di Cosenza. Un procedimento che ha portato all’assoluzione di cinque imputati: Cesare Coccimiglio, imprenditore della zona, Vincenzo Launi, Giuseppina Marinaro, Antonio Sicoli e Arcangelo Guzzo (per gli ultimi quattro lo stesso pm aveva chiesto l’assoluzione), ma anche ad una certezza.
Gli scarichi illegali nascosti a svariati metri di profondità sul fiume Oliva ci sono stati, lo provano analisi, carotaggi, rapporti dell’Arpacal e documenti dei consulenti utilizzati dalla Procura in fase di indagine. I pm hanno presentato ricorso in Appello.  

COSA C’E’ LI’ SOTTO – Sono sette i siti analizzati nel corso degli anni, ognuno con le sue “peculiarità”. Da sotto terra sono spuntate quantità elevatissime di metalli pesanti, a partire dal mercurio, che quasi certamente è entrato in circolo danneggiando in primis la fauna ittica. I pesci, dunque, sono stati letteralmente intossicati. E considerata l’estrema vicinanza con il mare si presume che tutto questo sia arrivato fino alla costa, allargando sensibilmente l’area di inquinamento.
In mezzo c’è il radionuclide artificiale Cesio 137, generalmente uno scarto delle centrali nucleari a fissione, che secondo diverse analisi è presente a quantità molto alte nella zona della briglia in cemento costruita per frenare il percorso dell’acqua.
L’Ispra nel 2011 aveva attribuito quella presenza al caso Chernobyl, ma nel 2015, durante il processo, un esperto dell’agenzia per l’ambiente lombarda e alcuni esperti avevano rimarcato la possibile natura artificiale di quelle emissioni. Lì sotto è stato anche ritrovato un sarcofago di cemento, strapieno di fanghi industriali. Scarti di un qualcosa ancora oggi difficilmente identificabile.
Per molti si tratterebbe della prova dei bidoni della Jolly Rosso, fatti sparire probabilmente in una vecchia cava nei giorni successivi allo spiaggiamento della nave nel 1990 a Formìciche di Amantea. E ancora: cobalto, arsenico, cromo, freon, cadmio e idrocarburi. Tutte sostanze altamente cancerogene e venefiche, concentrate e assorbite a profondità notevoli. Così tanto da aver persino toccato una falda acquifera sotterranea. Acqua che viene utilizzata per l’agricoltura (quasi tutta la zona è a vocazione agricola) e fino a qualche anno fa anche spillata da una fontana pubblica, poi chiusa.

 LE RIPERCUSSIONI –Nessuna relazione certa, premettiamo. Ma qualche domanda la Procura se l’è posta riguardo alla morte di un pescatore per patologie tumorali gravi e le lesioni generate ad un secondo uomo. I due infatti andavano a pescare in una vasca nei dintorni della briglia, così come hanno cercato di dare una spiegazione alle trote a diversi stadi di crescita che presentavano deformazioni fisiche. Inoltre c’è da fare i conti con l’incidenza tumorale nella zona, confermata da un consulente della Procura, che secondo quanto scritto presenta delle anomalie statisticamente rilevanti. L’unico punto fermo resta la presenza di quei rifiuti, il resto è puramente speculativo ma probabile. Il fiume Oliva è stato avvelenato, così le colture intorno e le popolazioni che ci vivono.

 LA BONIFICA– Il tasto dolente è che sulla bonifica iniziale della zona era stata ipotizzata una spesa di 21milioni di euro, ma di tutto questo non c’è traccia. Nella relazione dell’Ispra risalente al 2013 era scritto nero su bianco, così come l’impossibilità di “porvi efficacemente rimedio con mezzi ordinari nonostante uno stanziamento così imponente”. Rifiuti che “ancora oggi” – si legge nelle motivazioni – continuano a produrre “conseguenze altamente ed irreversibilmente dannose per cose, persone, animali”. Perché allora due anni fa in Commissione ambiente si è detto che quella bonifica non era necessaria? Ancora ci si interroga su misteri e contraddizioni.

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Valle Oliva. La Procura di Paola ricorre in appello contro la sentenza di assoluzione della Corte d’Assise di Cosenza

12 febbraio 2018 Commenti chiusi

La sentenza che ha assolto gli imputati conferma il disastro ambientale compiuto nel fiume Oliva
di Bruno Pino (Il quotidiano del Sud)

COSENZA, 11 febb. 2018 – Novità sulla vicenda giudiziaria riguardante il disastro ambientale della Valle Oliva, nel basso Tirreno Cosentino. Dopo la celebrazione del processo in Corte d’Assise, terminato a marzo 2017 con l’assoluzione ex art. 530 (comma 1 e 2) dell’imprenditore amanteano Cesare Coccimiglio e degli altri 4 coimputati, la Procura di Paola che nel corso del dibattimento aveva rappresentato la Pubblica Accusa ha inteso, qualche giorno fa, ricorrere in appello. La decisione è maturata dopo la disamina delle motivazioni della sentenza, depositata a metà dicembre scorso.

Il processo indiziario, come abbiamo visto, non è riuscito a individuare “oltre ogni ragionevole dubbio” i responsabili dei reati contestati che sono di disastro ambientale e di avvelenamento delle acque. Vedremo quali saranno gli sviluppi e quali le decisioni della Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro.

Sulla questione ambientale, invece, che è l’aspetto che riguarda più da vicino le popolazioni che abitano nelle zone interessate dall’inquinamento, c’è da sottolineare che la Corte d’Assise, pur assolvendo gli imputati, ha riconosciuto che in una vasta area del bacino del fiume Oliva sussiste “una gravissima forma di inquinamento del sottosuolo e delle circostanti acque limitrofe e persino sotterranee, con particolare riferimento alle Loc. Foresta, Carbonara, Giani e di tutta una serie di aree alle stesse limitrofe”.

Il processo, dunque, ha stabilito un fatto inequivocabile. Che nella vallata, nell’arco di diversi anni, dagli anni ‘90 ad almeno il 2008, si sono registrati interramenti di materiale nocivo e cancerogeno, smaltimenti illeciti di rifiuti speciali stimati in 162 mila metri cubi: come fanghi industriali, metalli pesanti, idrocarburi, cesio 137 riscontrato a qualche metro di profondità, e altro ancora.

Se la questione giudiziaria prosegue il suo cammino, quella della bonifica ambientale – per la quale, come è stato stimato da Ispra, servono circa 21 milioni di euro – invece sembra aver smarrito la strada. La situazione dei siti inquinati ubicati nella vallata in località Foresta, Carbonara, presso galleria Cozzo Manco e Giani, ricadenti nei comuni di Aiello, Amantea, Serra d’Aiello, attende una soluzione che tarda ad arrivare. L’analisi del rischio eseguita da Arpacal, propedeutica alla bonifica o alla messa in sicurezza dei siti interessati dall’inquinamento, risale ormai a più di un anno fa, all’ottobre del 2016, e da allora non si hanno notizie su provvedimenti da parte della regione Calabria. Eppure, la salute delle persone e la salubrità dell’ambiente dovrebbero essere al primo posto nelle preoccupazioni e azioni di ogni Istituzione.

Intanto, tra le numerose parti civili nel processo svoltosi a Cosenza (il Ministero dell’Ambiente, la regione Calabria, i comuni di Amantea, Serra d’Aiello e San Pietro in Amantea, diverse associazioni ambientaliste, la Cgil di Cosenza e vari cittadini e operatori nel settore turistico), il Comitato civico di Amantea, intitolato al capitano Natale De Grazia, ha espresso, tramite il suo portavoce Gianfranco Posa, plauso alla iniziativa della procura di Paola.

«Non vi è nessun dubbio» sul disastro ambientale dell’Oliva

Purtroppo le motivazioni che hanno spinto il comitato De Grazia, in tutti questi anni, a sollecitare la bonifica ha dichiarato Posa - trovano conferma e si rafforzano nella sentenza della Corte dAssise di Cosenza che ha confermato il disastro ambientale compiuto nellOliva con conseguente inquinamento delle acque sotterrane e gravi ripercussioni sulla salute della popolazione locale. Non vi è nessun dubbio sostiene la Corte fa notare il portavoce del Comitato -, circa linterramento illecito di rifiuti pericolosi nelle profondità del bacino del fiume Oliva dovuto ad attività sistematica ed organizzata e non a sporadici abbandoni di rifiuti come qualcuno sosteneva.

La stessa Corte aggiunge – ribadisce che il fatto che nessuna opera di bonifica sia stata operata consente di ritenere che il pericolo per la salute dei cittadini, oltre a non essere cessato, sia o possa essere anche adesso drammaticamente attuale’”.

“Pertanto come associazione – annuncia il portavoce del De Grazia – continueremo a fare quanto possibile per ottenere la rimozione dei rifiuti presenti nel bacino del fiume Oliva, soprattutto per le aree maggiormente inquinate come Foresta e Carbonara che ricadono nell’alveo del fiume e quindi sono maggiormente soggette alla forza erosiva delle sue acque che potrebbero far risalire in superficie le sostanze inquinanti portandole verso il mare.

La Regione Calabria – Conclude Posa – in più occasioni ha dichiarato che sarebbero stati stanziati i fondi per la messa in sicurezza dell’area ma ad oggi, nonostante l’analisi del rischio – ultimo atto necessario prima della bonifica – sia stata depositata da oltre un anno, nessun intervento è stato ancora realizzato.”.

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La morte del Capitano De Grazia: “Si indaghi per omicidio”

15 dicembre 2017 Commenti chiusi

Rinnovato appello in occasione dell’anteprima nazionale del docufilm ‘Il veleno della mafia e la legge europea del silenzio’

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fonte: ReggioTV  
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REGGIO CALABRIA 13-12-2017  -  22 anni fa, il 12 dicembre del 1995, moriva all’età di 39 anni, il Capitano Natale De Grazia. Una morte improvvisa avvenuta dopo aver mangiato in un ristorante di Campagna (in provincia di Salerno), mentre, scortato da due carabinieri, si recava a La Spezia per rendere dichiarazioni in tribunale in merito alle indagini che da qualche tempo stava conducendo per conto del pool investigativo della Procura di Reggio Calabria relative al traffico di rifiuti tossici e radioattivi su espressa richiesta del Procuratore Capo di allora, Francesco Scuderi che fin da subito ha ritenuto essenziale, quanto preziosa, la sua collaborazione.

Una morte misteriosa. Dopo anni all’insegna della ricerca della verità e ben due autopsie ufficiali, effettuate nel 1995 e nel 1997, secondo le quali il decesso fu provocato da cause naturali, nel 2012 si ebbe la svolta grazie al lavoro istruito dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e alla perizia di un consulente della stessa che individuò quale fonte del malore di De Grazia la “causa tossica” che equivale, sostanzialmente, ad un avvelenamento.
“Chi abbia operato questo, in quale contesto si sia mosso non si sa, certamente – ribadisce oggi a Rtv Nuccio Barillà del direttivo nazionale di Legambiente – viene da pensare che gli obiettivi fossero quelli di fermare l’azione di chi, più di altri, era a un passo dall’individuazione della verità”.
E nei fatti, dopo la prematura scomparsa dell’apprezzato capitano di corvetta, “punta di diamante” del pool voluto da Scuderi, le indagini sulle cosiddette “navi a perdere” subirono un duro colpo.
“Dopo la rivelazione dell’accertamento che la morte di Natale De Grazia non era per morte naturale ci saremmo aspettati una riapertura dell’indagine per omicidio. Questo non c’è stato. I magistrati di Nocera Inferiore (procura che si occupò per prima della morte del capitano di corvetta, proprio perché il decesso avvenne in quel territorio, ndr), tuttavia – ricorda ancora Barillà – hanno ritenuto non ci fossero, sulla base di quella perizia, le condizioni per riaprire le indagini. Solo che, intanto, altri documenti desecretari, altri documenti delle inchieste, altre carte si sono accumulati e ciò renderebbe doveroso, oltre che necessario, riaprire quelle indagini”.
“Scoprire chi e cosa si è mosso dietro la morte di Natale De Grazia significa non solo indagare sul caso specifico, ma andare a mettere una luce, finalmente, sui tanti misteri che riguardano i traffici internazionali di rifiuti che hanno coinvolto non solo la ‘ndrangheta, ma hanno visto protagonisti gli industriali del Nord, Governi e Servizi di diversi Stati, complicità varie – conclude Barillà – uniti dall’interesse dello sporco denaro”.
Da qui l’intento del Docufilm “Il Veleno della mafia e la legge europea del silenzio”, (produzione franco-tedesca, realizzato dal noto regista-giornalista Christian Gramstadt, con la collaborazione del giornalista italo-tedesco Sandro Mattioli e della produttrice RAI Patrizia Venditti), nella cui versione italiana, è stato in anteprima proiettato a Reggio Calabria, la città che non solo ha dato i natali a De Grazia, ma da cui sono partite proprio le indagini sulle navi dei veleni e il traffico internazionale dei rifiuti radioattivi: “accendere i riflettori su una vicenda che ha risvolti che vanno ben oltre i confini della Calabria e dell’Italia”. C’è la ferma volontà a mantenere viva la memoria su una delle vicende ancora irrisolte del nostro Paese. E la significativa partecipazione di gente, a gremire la sala del Cine-Teatro Metropolitano del Dopolavoro ferroviario, non solo è la conferma di come le questioni ambientali siano particolarmente sentite da queste parti, ma vuole essere anche uno stimolo a istituzioni e a magistratura affinché vadano fino in fondo, lungo la strada già tracciata dal Comandante Natale De Grazia.

Francesco Chindemi
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Reggio ricorda Natale De Grazia a 22 anni dalla sua scomparsa

15 dicembre 2017 Commenti chiusi

Durante l’incontro sarà proiettato in anteprima nazionale il docufilm Il veleno della mafia e la legge europea del silenzio, un’inchiesta sul traffico di rifiuti a livello europeo.

Reggio Calabria, 12 dicembre 2017 – Un’iniziativa dedicata a Natale De Grazia – il giovane Capitano di Marina reggino, morto per accertata “causa tossica” mentre indagava sulle navi dei veleni e l’intrigo radioattivo -organizzata da Legambiente Reggio Calabria, insieme al Comitato Civico Natale De Grazia e l’adesione di varie Associazioni per l’ambiente e la legalità. L’iniziativa si svolgerà presso il Cineteatro Metropolitano del Dopolavoro Ferroviario di Reggio Calabria (accanto a Piazza Garibaldi –Stazione Centrale)  Martedì 12 dicembre ore 17.30.
Il programma prevede la proiezione, in anteprima nazionale, della versione in lingua italiana del docufilm “Il veleno della mafia e la legge europea del silenzio
Prodotto dal principale network televisivo franco-tedesco e realizzato dal noto regista-giornalista Christian Gramstadt, con la collaborazione del giornalista italo-tedesco Sandro Mattioli e della produttrice RAI Patrizia Venditti, già andato in onda sulla tv francese Arte martedì 24 ottobre (con ottimo share e recensioni approfondite, tra gli altri, su Le Monde e Le Figaro) e programmato per gennaio 2018 dal primo canale radiotelevisivo tedesco RD.

Con alcuni degli intervistati e ospiti presenti all’iniziativa, si farà il punto dopo la proiezione del film, nel corso di un breve dibattito, sulla situazione attuale e sull’impegno per il futuro.

Nicoletta Palladino (Presidente Circolo Legambiente Reggio Calabria)
Gianfranco Posa (Presidente Comitato Civico Natale De Grazia)
Nuccio Barillà (Direttivo Nazionale Legambiente)

IL FILM

Il film documentario d’inchiesta – realizzato nel corso di diversi mesi (tra il 2016 e il 2017) e dedicato a Natale De Grazia e a tutti coloro che lottano contro i traffici di veleni – si occupa della problematica delle ecomafie con particolare riferimento al traffico illegale dei rifiuti (con focus su quelli radioattivi) che ha visto protagonista di primo piano la ‘ndrangheta calabrese, ma ha beneficiato anche dell’impreparazione e sottovalutazione a livello europeo, come emerge dalle vicende narrate e dalle interviste.

Èun’inchiesta in cui, oltre ad analizzare i vari aspetti del fenomeno, vengono raccontate vicende emblematiche, con riferimento alla Calabria e all’Europa. Da Crotone ad Amantea e la valle dell’Oliva, da San Luca ad Africo, da Casignana al porto di Gioia Tauro, con incursioni nelle città del litorale e nel cuore dell’Aspromonte,s imbolo di “una terra molto bella ma impoverita dalla ndrangheta”. Tra le tappe anche la Liguria colonizzata dai calabresi, la Francia (da Marsiglia fino al cuore economico della multinazionale Veolia), infine la Germania (apparente luogo di rigore legale ma che presenta caratteristiche di “covo protetto per il riciclaggio di denaro, luogo idilliaco per gli investimenti poco puliti”).

Nel docufilm sono state raccolte testimonianzedigiornalisti,ambientalisti,magistrati (Da Cafiero De Raho a Gratteri,da Lombardo a D’Alessio,da Di Palma a Neri),pubblici funzionari (come i responsabili della gendarmeria francese e della polizia tedesca),operatori e osservatori del settore e,soprattutto,cittadini di territori “avvelenati”.

 

IL VELENO DELLA MAFIA e la legge europea del silenzio
Documentario di Christian Gramstadt in collaborazione con Sandro Mattioli
Commissionato da Radio Bremen e prodotto da Caligari film e TV Produktions GmbH in collaborazione con ARTE
Coordinamento e consulenza: Patrizia Venditti
Consulenza: Fabrice Rizzoli, Nuccio Barillà
Riprese: Francesca Sicoli, Ted Arg, Manuel Chiarello, Antonello Sarao, Enrico Montagna, Michael Magerer
Montaggio: Wolfgang Grimmeisen
Musica: Kolja Erdmann
Missaggio: Michael Mitschka
Voce narrante: Domenico Strati
Redazione: Thomas von Bötticher (Radio Bremen),Mechtild Lehning (Radio Bremen)
Produttori: Gabriele M. Walther, Friedrich Steinhardt

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