Pattumiera Marghera

Pattumiera Marghera

Rifiuti all’uranio bruciati a Venezia. L’allora responsabile della Ulss si difende comprando pagine di giornali. Ma resta un silenzio durato 15 anni

di Riccardo Bocca

L’espresso lo ha denunciato il 10 febbraio scorso: la società Monteco ha bruciato rifiuti contenenti uranio dentro l’inceneritore Sg 31 di Porto Marghera. In almeno due occasioni, il 19 gennaio e il 7 febbraio 1990. Ed entrambe le volte i fusti venivano dalla motonave Jolly Rosso, inviata dal governo italiano a recuperare in Libano tonnellate di pattumiera ad alto rischio. Ora arriva l’ulteriore conferma. È contenuta nel documento 90/30666 inviato dalla Ulss 36 di Venezia e ricevuto il 13 agosto 1990 dal democristiano Camillo Cimenti, Commissario ad acta per il Veneto. Si tratta della lista dei “controlli a camino” dall’8 novembre 1989 al 4 luglio 1990 proprio sui rifiuti bruciati della Jolly Rosso. All’interno spunta la stessa rilevazione anticipata dal nostro settimanale: 0,005 milligrammi per metro cubo di uranio il 19 gennaio e 0,004 il 7 febbraio 1990. Una realtà che i veneziani non hanno saputo per 15 anni. Da parte sua Corrado Clini, ex direttore del servizio di igiene pubblica all’Ulss 36 di Venezia e attuale direttore generale al ministero dell’Ambiente, ha reagito all’articolo de “L’espresso” dichiarando il 6 febbraio scorso al “Gazzettino” di Venezia: “L’impianto Sg 31 non era destinato ai rifiuti della Jolly Rosso, che sono stati trattati marginalmente rispetto al trattamento ordinario cui era destinato quel forno”. Resta il fatto che rifiuti della Jolly Rosso sono stati bruciati per mesi nell’impianto Sg 31. E il 12 febbraio lo stesso Clini ha precisato che “fu considerato idoneo l’impianto per la termodistruzione Sg 31″, e “fu definito un programma di smaltimento per il trattamento in 150 giorni”. Detto questo, l’ex dirigente della Ulss 36 ha comunque molto da ridire sull’articolo de “L’espresso”. Per farlo ha acquistato quattro pagine di quotidiani. Una a testa su “il Giornale”, “Libero”, “il Riformista” e il “Gazzettino” di Venezia. Ecco le contestazioni: Prima obiezione. Clini dice che le concentrazioni di uranio rilevate a sua insaputa non superavano i limiti fissati per legge, come dichiarato a “L’espresso” da Gianni Mattioli, docente di Fisica all’università La Sapienza di Roma. Lo stesso Mattioli ribatte: “Il calcolo eseguito col metodo Anpa (Agenzia nazionale protezione ambiente) indica che la dose di uranio alla bocca del camino era quasi doppia rispetto a quella consentita. Io per primo ho dichiarato a “L’espresso” che i fumi prima di toccare terra subiscono una significativa diluizione, dunque non capisco l’obiezione. Anzi, chiedo a Clini: trattandosi di rifiuti radioattivi, la legge prevede la concessione di un’autorizzazione. È stata data?”. Seconda obiezione. Clini dice che l’impianto Sg 31 era a norma, e non obsoleto come riferito a “L’espresso” dal tecnico Paolo Rabitti, che indicava la mancanza della camera di postcombustione. La testimonianza di Rabitti è importante perché nel 2004 è stato consulente del ministero dell’Ambiente nel processo contro l’omonima società Ambiente, subentrata alla Monteco nella gestione dell’inceneritore Sg 31. “L’impianto”, dice, “è stato sequestrato dal pm Luca Ramacci proprio per la mancanza della camera di postcombustione. E la Corte di Cassazione ha sancito che doveva avere quella misura di sicurezza”. Terza obiezione. Clini dice di non avere nascosto lo smaltimento di rifiuti all’uranio. Questo fino al 10 gennaio 1990, quando passò al ministero dell’Ambiente. Una singolare precisazione. “L’espresso” infatti non ha accusato Clini di avere taciuto sull’uranio. Lo stesso direttore generale della Ulss 12 (ex 36) Antonio Padoan ha dichiarato che “mai il settimanale accusa l’Ulss veneziana di avere nascosto il referto”. “L’espresso” ha invece riportato le note tecniche che Clini inviò al ministro dell’Ambiente Giorgio Ruffolo, dove si assicurava che l’impianto Sg 31 era a norma, e dove non si commentavano i valori dello zolfo, secondo Rabitti “quattro volte oltre i limiti regionali, come confermato dai dati allegati”. Inoltre “L’espresso” ha scritto che nessuno della Ulss 36, sapendo che era stato trovato l’uranio (e vedendo che nessuno interveniva), ha protestato. Perché dunque Clini ha acquistato pagine di giornale per rimarcare la sua estraneità allo smaltimento dei rifiuti all’uranio? Se lo domanda la verde Luana Zanella, che ha presentato un’interrogazione in Parlamento. Se lo domanda il prosindaco di Mestre Gianfranco Bettin, che ha presentato un’interrogazione alla giunta regionale veneta. E se lo domanda persino il ministero dell’Ambiente: “L’acquisto di pagine sui giornali è un’iniziativa di Clini”, è stato precisato a “L’espresso”: “Il ministero non c’entra e non ha pagato nulla”.