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Fiume Oliva. La Corte d’Assise d’appello di Catanzaro vuole approfondire le indagini

14 maggio 2019

Catanzaro, 14 maggio 2019 - Nel fiume Oliva «bisogna approfondire le indagini». E’ quanto ha deciso la Corte d’assise d’appello di Catanzaro nell’udienza del  13 maggio. La Corte ha accolto la richiesta del Pubblico ministero – a cui si sono associate le parte civili tra cui il Comitato De Grazia -, di procedere alla verifica dei rifiuti prodotti dalla ditta Coccimiglio Cesare & C. Snc dall’anno 2001 all’anno 2011 e la quantità effettivamente smaltita in impianti autorizzati.

In pratica, i consulenti nominati dalla Corte, dovranno esaminare la documentazione e verificare se tutti i rifiuti prodotti dalla ditta Coccimiglio siano stati regolarmente smaltiti.

A tale richiesta si era opposta nell’udienza del 5 marzo scorso la difesa di Cesare Coccimiglio, unico imputato nel processo di appello. L’avvocato Nicola Carratelli aveva argomentato sostenendo che già nel processo di primo grado sarebbe stato accertato che i rifiuti rinvenuti nell’Oliva non fossero stati prodotti in zona e che sul ciclo di produzione dell’azienda aveva già ampiamente indagato la procura di Paola. Nell’ultima udienza i giudici della Corte hanno sciolto la riserva accordando la richiesta del PM e nominando i consulenti che dovranno occuparsi degli ulteriori accertamenti.

Quindi ci vorrà ancora tempo per  mettere la parola fine alla vicenda del fiume Oliva dove, secondo la Corte d’assise di Cosenza, si è consumato un vero e proprio disastro ambientale che fino ad oggi non ha ancora un responsabile.

Intanto nella vallata dell’Oliva continuano a rimanere interrati circa 160 mila metri cubi di rifiuti industriali che secondo l’Analisi del rischio redatta da Ispra e Arpacal dovrebbero essere rimossi. I lavori di messa in sicurezza, al momento, spetterebbero alla Regione Calabria che fino ad oggi non ha avviato nessuna procedura e non ha stanziato i fondi necessari. Se dal processo di Appello di Catanzaro dovesse uscire un responsabile, il risanamento del territorio, per il principio “chi inquina paga”, spetterebbe a quest’ultimo.

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