Ilaria e quei Veleni (Il Manifesto)

21 gennaio 2011 Commenti chiusi

«Ricordo bene quel foglio.E ricordo senza alcun dubbio quando il capitano Natale De Grazia me lo mostrò»
Il maresciallo Scimone parla davanti alla Commissione Rifiuti dell’Agenzia Ansa trovata in casa Comerio

di Andrea Palladino


Roma, 21 gen. 2011 - È un piccolo pezzo di carta il perno attorno al quale gira un nuovo giallo sui mandanti dell’esecuzione di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin in Somalia. Ha l’apparenza di un banale lancio dell’agenzia Ansa, con la – probabile – data del 20 marzo, quando un comando armato uccise la giornalista del Tg3 con il suo operatore. «Ricordo bene quel foglio – racconta il maresciallo dei carabinieri Domenico Scimone, dopo la sua deposizione davanti alla commissione ecomafie – era la seconda copia carbone della strisciata di una telescrivente. E ricordo senza alcun dubbio quando il capitano Natale De Grazia me lo mostrò, pochi mesi prima di morire». Un lancio di agenzia che, secondo il racconto di Scimone, gli investigatori trovarono tra le carte di Giorgio Comerio, un imprenditore sospettato negli anni ’90 di essere al centro di un vero e proprio network di trafficanti di rifiuti. Un lancio di agenzia che potrebbe legare i progetti di smaltimento di rifiuti radioattivi della società di Comerio – la Odm – con la morte di Ilaria Alpi.
Per capire il peso di questa deposizione dobbiamo tornare al 2005, quando la commissione sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin – guidata dall’avvocato Taormina – chiamò a deporre Francesco Neri, il magistrato di Reggio Calabria che dal 1994 al 1996 guidò l’inchiesta su Giorgio Comerio e sulle navi a perdere. Neri parlò di un altro documento che sarebbe stato trovato tra le carte dell’imprenditore di Busto Arsizio, un certificato di morte della giornalista. «Me lo mostrò il capitano De Grazia», conferma anche oggi Neri. Quando però i consulenti di Taormina andarono a Reggio Calabria per cercare quel certificato non trovarono nulla. Poco dopo fu accertato che alcuni fascicoli dell’inchiesta erano spariti e lo stesso Francesco Neri presentò una denuncia.
Giorgio Comerio era finito sotto inchiesta dopo il sequestro di una borsa carica di progetti su alcuni sistemi per lo smaltimento nei fondali marini delle scorie nucleari a Elio Ripamonti, un procacciatore d’affari legato all’imprenditore di Busto Arsizio. Venne alla luce il progetto di una delle società di Comerio, la Odm, che riprendeva una programma di ricerca del centro europeo di Ispra fermato nel 1988. In sostanza si trattava della realizzazione di «penetratori» che – dopo essere stati caricati di rifiuti tossici o radioattivi – venivano lanciati in mare, sprofondando nei fondali. La questione fondamentale era, però, dove. Giorgio Comerio in quei mesi – siamo tra il 1994 e il 1995 – stava sondando la disponibilità di diversi stati, soprattutto africani, tra i quali la Somalia. E in quella cartella giallina sequestrata in una perquisizione chiesta dalla procura di Reggio Calabria il 12 maggio 1995 vi erano le prove sui contatti stretti intrattenuti tra la società di Comerio e alcune autorità somale per avere le autorizzazioni al lancio dei penetratori carichi di scorie radioattive.
La presenza del lancio dell’agenzia Ansa sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin tra quelle carte, qualora fosse confermata, rilancerebbe la pista dei possibili rapporti tra il gruppo di Comerio e quell’incrocio mortale tra armi e rifiuti sul quale stava lavorando Ilaria Alpi. «Ricordo che si trattava di una notizia flash – spiega nel dettaglio Domenico Scimone – di pochissime righe, due o tre, che parlava chiaramente della morte della giornalista italiana». Un tipo di lancio di agenzia che corrisponde ai primi scarni dispacci che arrivarono nelle redazioni italiane poco dopo la morte di Ilaria Alpi.
La compagna e socia di Giorgio Comerio, Giuliana Giunta, che oggi si trova in Tunisia, ha raccontato di non ricordare la presenza di quel foglio. «Non avevamo telescriventi nella casa di Garlasco (Pavia) quando venne eseguita la perquisizione – racconta al manifesto – ma solo un fax». Giuliana Giunta fornisce poi la sua versione anche sul certificato di morte di Ilaria Alpi, che Neri sostiene di aver visto tra le carte di Comerio: «Si trattava in realtà del certificato di morte di mia madre, deceduta nel febbraio del 1996». Ovvero diversi mesi dopo la perquisizione ordinata dalla procura di Reggio Calabria, che iniziò nel pomeriggio del 12 maggio 1995: «Non so cosa dire – risponde la compagna di Giorgio Comerio – io ricordo che vennero fatte più perquisizioni». Per l’imprenditrice italiana che oggi si occupa di costruzioni di aerei ed elicotteri in Tunisia, il progetto dei penetratori e il rapporto con la Somalia era un business come gli altri: «Nessun mistero, abbiamo fatto sempre tutto alla luce del sole – racconta – e fui io personalmente a contattare l’Onu per sapere se in Somalia c’era un governo legittimo. Quando mi dissero che c’erano due presidenti e nessuno dei due era riconosciuto lasciammo perdere tutto». Nell’inchiesta, però, emergeva che il progetto era in stato avanzato, tanto che in un fax firmato da Comerio e diretto a Giampiero Pagliericcio – referente somalo per il progetto penetratori – si specificava che «il documento (ovvero l’autorizzazione al lancio, ndr) dovrà essere firmato da sua eccellenza il presidente ad Interim Alì Mahdi».
«La commissione ora riaprirà l’inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi – ha affermato ieri il presidente della commissione bicamerale sui rifiuti Gaetano Pecorella, subito dopo l’audizione del maresciallo Domenico Scimone – perché il rinvenimento di questo documento e la sua collocazione richiedono un ulteriore e penetrante approfondimento». Occorre ripartire, a questo punto, da dove si era fermata la commissione Taormina, da quei rapporti mai spiegati fino in fondo tra quel network internazionale che girava attorno a Giorgio Comerio e l’inchiesta di Ilaria Alpi mai andata in onda.
Non escludendo nessuna pista.

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Ilaria Alpi e navi veleni. La Commissione Rifiuti riapre il caso

19 gennaio 2011 Commenti chiusi

“Sono soddisfatta. E lo sono perché ho seguito la vicenda calabrese, una vicenda contraddistinta da una forte partecipazione popolare e soprattutto dalla partecipazione del comitato De Grazia” è il commento dell’on. Doris lo Moro (nella foto a destra)



Un’agenzia Ansa sulla morte di Ilaria Alpi ritrovata nella casa di Comerio. Lo ha rivelato il maresciallo Scimone collaboratore del capitano De Grazia


Roma - La Commissione parlamentare d’inchiesta sugli illeciti connessi al ciclo dei rifiuti riaprirà le indagini sulla morte di
Ilaria Alpi all’interno della più ampia inchiesta sulle cosiddette navi dei veleni e sul traffico transfrontaliero dei rifiuti tossici o radioattivi”. E’ quanto scrive in una nota il presidente della Commissione Gaetano Pecorella. “L’odierna audizione del maresciallo Scimone, che ha operato in collaborazione con il capitano De Grazia e con i magistrati di Reggio Calabria, ha consentito alla Commissione di acquisire una notizia di estremo interesse. Nel corso di una perquisizione – fa sapere Pecorella – nei confronti di Giorgio Comerio è stata ritrovata, in un fascicolo rubricato ’Somalia’ relativo alla smaltimento dei rifiuti, la copia di un dispaccio dell’agenzia Ansa sulla morte di Ilaria Alpi”.
“Poiche’ in quel momento, sottolinea Pecorella, nulla consentiva di collegare la morte della giornalista e del suo operatore al traffico dei rifiuti con la Somalia -conclude il presidente – il rinvenimento di questo documento e la sua collocazione richiedono un ulteriore e penetrante approfondimento”.

“Sono soddisfatta. E lo sono perché ho seguito la vicenda calabrese, una vicenda contraddistinta da una forte partecipazione popolare e soprattutto dalla partecipazione del comitato De Grazia”. Ha commentato così, all’AgenParl, l’on. Doris Lo Moro (Pd) la decisione della Commissione parlamentare d’inchiesta sugli illeciti connessi al ciclo dei rifiuti, di riaprire le indagini sulla morte della giornalista Ilaria Alpi.

“Penso che il fatto che in Commissione siano emersi elementi tali da indurre il Presidente Pecorelli e la stessa commissione a riaprire le indagini sia un fatto positivo perchè va nella direzione di chi da tempo ha invocato chiarezza sulla vicenda – incalza la Lo Moro che continua - C’è, comunque, un legame tra la morte di Ilaria Alpi, la nave dei veleni e le indagini sui rifiuti e quindi, da questo punto di vista, la pista , quella sussurrata dall’opinione pubblica e da chiunque non avesse un approccio non conformista a questa vicenda, diventa, oggi, una cosa concreta. Sono soddisfatta e sempre più convinta che sulla vicenda della nave dei veleni abbia avuto un ruolo importante la criminalità organizzata, la ‘ndrangheta. Come nessuno si stupisce che ci sia un rapporto criminalità organizzata – rifiuti. Quello che però mi stupisce è che il rapporto non sia solo con la ‘ndrangheta, ma che ci sia un’interferenza, una presenza inquietante dei servizi segreti. E spero che la riapertura delle indagini sulla morte di Ilaria Alpi porti al chiarimento di questa presenza. Alcuni magistrati – spiega, poi, la deputata Pd - hanno ammesso la presenza ingombrante dei servizi segreti, si parlava anche di particolari come i numeri delle targhe automobilistiche. E sulle interpellanze, o qualsiasi atto di sindacato ispettivo presentato a tal proposito, il governo non ha mai risposto. Ora non potrà più sfuggire dal fornire questi dati. Oggi arriviamo ad un punto fondamentale, dovuto anche e soprattutto a tutto quello che è successo fino ad oggi. C’è una necessità di approfondimento, la stessa che, in tanti, avevamo invocato da tempo”.

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Paul Connet in Calabria con la sua strategia “rifiuti zero”

15 gennaio 2011 Commenti chiusi

“Rifiuti Zero!”! E’ possibile anche in Calabria?
Ne parlerà il prof. Paul Connet a Lamezia, Vibo e Rosarno.

di Gianfranco Posa

Poul Connet è in Calabria per presentare la sua strategia “Rifiuti Zero”. Il suo tour nella nostra Regione, organizzato dalla Rete per la difesa del Territorio “Franco Nistico”,  inizia a Lamezia Terme lunedì 17 gennaio (teatro Umberto ore 17.00), proseguirà il 18 a Vibo Valentia e si concluderà il 19 a Rosarno. Paul Connett, oltre ad essere l’ideatore della strategia “rifiuti zero”, è professore emerito di chimica ambientale all’Università St. Lawrence di Canton, New York. Negli ultimi venti anni si è occupato di rifiuti, con particolare riferimento ai rischi collegati all’incenerimento ed allo studio di alternative più sostenibili.

Rifiuti Zero (in inglese Zero Waste) è una strategia che si propone di riprogettare la vita dei materiali, fare in modo che una volta diventati rifiuto possano essere riutilizzati, farli diventare dunque una risorsa in modo tale che la quantità di rifiuti da conferire in discarica sia prossima allo zero.

Per poter realizzare tale progetto è necessario creare un connubio tra responsabilità civica e responsabilità industriale e puntare su scelte politiche che non si basino sull’usa e getta, ma sulle tre Erre della strategia Rifiuti Zero:  Ridurre, Riutilizzare e Riciclare. Per raggiungere più celermente l’obiettivo “rifiuti zero” le industrie dovrebbero evitare di produrre imballi e prodotti non riutilizzabili né riciclabili. In questo potrebbe aiutarli la ricerca che in Italia purtroppo non viene finanziata adeguatamente. Studenti e università dovrebbero essere impegnati nell’individuazione dei materiali non riciclabili, né riutilizzabili, e proporre alle imprese delle alternative.

In Calabria siamo ancora lontani da percentuali accettabili di raccolta differenziata. I nostri amministratori puntano molto su sistemi più semplici da realizzare e ormai superati di smaltimento, come le discariche e gli inceneritori, a forte impatto ambientale e grave rischio per la salute dei cittadini. Ogni provincia dovrebbe invece dotarsi di impianti capaci di recuperare e riportare a materia-prima i rifiuti differenziati.

La strategia Rifiuti Zero, basata dunque sulla riduzione alla fonte dei rifiuti, sul riuso, il riciclo e raccolta differenziata porta a porta, non solo è rispettosa del territorio e della salute dei cittadini ma si rivela anche un modello di gestione vincente ed economicamente rilevante, perchè produce posti di lavoro, risparmia energia e anzi ne produce di nuova e più pulita. Promosso negli Stati Uniti dal presidente Obama, è un sistema applicato in molte città del mondo (come San Francisco e Canberra). In Italia ha trovato per la prima volta applicazione nel comune di Capannori, in provincia di Lucca, dove un’amministrazione virtuosa ha avviato una completa riorganizzazione del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti andando ad eliminare dal territorio tutti i cassonetti ed attivando la raccolta domiciliare “Porta a porta”, con la consegna a tutte le famiglie degli strumenti per la raccolta differenziata, arrivata in pochi anni al 60%.

Di seguito il calendario degli appuntamenti:
17 Gennaio ore 17 Lamezia Terme – Teatro Umberto
18 Gennaio ore 11 Vibo Valentia – Liceo Classico Morelli, via xxv aprile, 1
18 Gennaio ore 16,30 Vibo Marina – Auditorium “Giubileo 2000″ Chiesa Parrocchiale, Via S.Anna.
18 Gennaio ore 19,30 San Calogero – Centro Socio culturale (ex SAUB) – via Jetsemani.
19 Gennaio ore 10,30 Rosarno – Liceo Scientifico “R. Piria”- via Modigliani, 5.
19 Gennaio ore 17,30 Rosarno – Auditorium Comunale – Via Umberto I

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Lago. Comune approva delibera per realizzare una discarica a Terrati nei pressi del Fiume Oliva

13 gennaio 2011 Commenti chiusi

Dopo la riunione di qualche mese fa tenutasi a Lago tra i sindaci del comprensorio e l’assessore regionale all’Ambiente Pugliano, prende corpo il progetto per realizzare una discarica nella frazione di Terrati, precisamente in località Giani. Stessa località dove è stato sequestrato un vasto appezzamento di terreno dalla procura di Paola nel corso delle indagini sull’inquinamento dell’Oliva, perchè risultato contaminato da tonnellate di rifiuti pericolosi. Quindi dovrebbe rientrare nei lavori di bonifica che si dovranno realizzare nel torrente. L’amministrazione comunale di Lago ha comunque approvato –  secondo quanto dichiarato alla stampa dai consiglieri di opposizione, –  il progetto preliminare e definitivo per la realizzazione della disccarica.

Discarica di Terrati (confinante con il torrente Oliva). Il consigliere Aldo Barone attacca l’amministrazione

Fonte “Il Quotidiano della Calabria” del 12 gen. 2011 pag. 31

Una veduta di Terrati

LAGO, 12 gen. 2011- Con delibera di giunta n. 91 del 30/09/2009 “Realizzazionenuova discarica”- Approvazione progetto preliminare e definitivo -, presenti e favorevoli il sindaco Cupelli e gli assessori pro tempore Filice, Barone G., Bilotta, Bruni, De Simone, Scanga, l’Amministrazione comunale farà realizzare una nuova discarica consortile in località “Giani”, vicino località Terrati.

Sembra un paradosso, perché sempre a Giani è stato avviato l’iter per la bonifica dei rifiuti della vecchia discarica. E a nulla valgono le proteste e gli insegnamenti delle popolazione di Rossano, San Calogero, Placanica, Scandale, di Pianopoli e, comunque, di tutta l’Italia.

«Una delle tante contraddizioni di questa amministrazione – denuncia il consigliere del Gruppo Rinascita Lago,Aldo Barone- che, pur di recuperare soldi per far quadrare un sempre più disastroso bilancio, non bada ai rischi che potrebbero abbattersi sulla salute dei nostri concittadini, specialmente quelli di Terrati».

Considerato che la vallata di Giani finisce nel fiume Oliva, che tanta eco ha destato a livello nazionale in quanto lungo il suo corso sono stati rivenuti dei rifiuti interrati invarie parti, si andrebbero ad aggravare le già precarie condizioni ambientali del territorio. Anche perché studi recenti effettuati dal Cnr in Campania, dimostrerebbero un incremento dei fattori di rischio per la salute: +9-12% di mortalità, +84% di malformazioni.

La protesta dell’opposizione continua che chiosa «non c’è tanto da vantarsi se Lago e Terrati diventeranno la pattumiera della Calabria. Sarebbe stato meglio se si fosse pensato a portare attività produttive, turismo o possibilità di sviluppo».

n. o.

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Amantea, Coreca fa ancora discutere

8 gennaio 2011 Commenti chiusi

Amantea, cattivi presagi sulla scogliera di Coreca

Il progetto di protezione della scogliera di Coreca suscita polemiche e mobilitazione popolare. Molti cittadini ritengono che si possano trovare delle soluzioni alternative alle solite barriere di massi che hanno un notevole impatto ambientale. Di seguito il contributo di Antonio Cima dell’associazione “Borgo Chianura” : Le barriere soffolte (sotto il livello dell’acqua) che hanno salvato lo scoglio di Tropea.

di Antonio Cima

A. Cima

Amantea, 8 gen 2011 - A scanso d’equivoci una doverosa premessa va fatta: i lavori di difesa della scogliera sono necessari e inderogabili…resta da vedere come realizzarli.

A tal proposito divampa in questi giorni la polemica sulle soluzioni prospettate dall’Amministrazione Comunale, con le delibere 18 e 328/2010, per affrontare e risolvere il problema della erosione della costa sul tratto della rinomatissima scogliera di Coreca a tre km sud di Amantea. Le organizzazioni ambientaliste, sindacati e associazionismo sono mobilitati in un’azione finalizzata a sollecitare interventi compatibili con il contesto ambientale chiedendo che vengano applicati i criteri della VIA (Valutazione d’Impatto Ambientale) dal parte delle istituzioni preposte.

Non essendo considerata “area protetta” la scogliera di Coreca non è sottoposta a vincoli della VIA e per tale condizione la Regione Calabria ha autorizzato i lavori sul tratto di costa senza particolari condizionamenti. A seguito del movimento popolare determinatosi, il Sindaco Tonnara ha ritenuto opportuno chiedere l’applicazione della VIA dichiarandosi disponibile ad incontrare i promotori delle iniziative di massa a riguardo di Coreca. Intanto sono preannunciati petizioni popolari, raccolte di firme e probabili sit-in. L’importanza del sito di Coreca per la valenza ambientale, paesaggistica, turistica e antropica rende necessaria una rivalutazione della scogliera facendola collocare tra le aree calabresi protette.

Le contestazioni in corso di sviluppo sono scaturite dai contenuti della delibera comunale 328/2010 nella quale viene definito un intervento per la realizzazione di: ”una scogliera foranea di tipo curvo in prossimità dello scoglio di Coreca, per uno sviluppo lineare di ml 107,00 e quota della cresta a +2,00 metri s.l.m. , imbasata alla profondità di 3,5; la mantellata della scogliera è prevista in massi naturali da 3-7 tonnellate disposti su due strati con pendenza 3/2 sul lato mare e sul lato terra” Tale soluzione avrebbe un impatto ambientale terrificante deturpando irreversibilmente la maestosa e ineguagliabile bellezza di Coreca. Più avanti nella presente pagina viene abbozzata una interpretazione grafica di quanto definito nella delibera comunale 328/2010. E’ opportuno che ognuno faccia il proprio mestiere e non derogherò a tale assunto volendo espletare quello degli altri. Da non competente mi sento comunque di evidenziare problematiche analoghe risolte con simbiotico raziocinio ambientale.

Cimento similare si è dovuto affrontare in passato a Tropea per difendere la famosissima isola di S.Maria e la spiaggia di mare grande. E’ stata adottata una soluzione (barriere sommerse o soffolte) che pur salvaguardando l’impatto ambientale ha finora adeguatamente protetto il tratto di costa più famoso della Calabria. Oggi esistono varie soluzioni innovative e certamente ne esiste una appropriata a proteggere Coreca mantenendo intatto il suo fascino: ai tecnici il compito di individuarla. Ovviamente speriamo in tecnici esperti che abbiano già affrontato e risolto tali problematiche e siano in grado di documentare i lavori eseguiti. Per tali lavori sono disponibili 550.000 euro di cui 200.000 finanziati dalla Regione Calabria: mi sento di esprimere una valutazione che ritengo personalmente non avventata sul fatto che, probabilmente, ne occorreranno molti di più: ciò m’induce a riflettere sulla oculatezza dell’analisi di fattibilità. Sulle soluzioni possibili leggere articolo del 7 gennaio pubblicato sul sito De Grazia mediante link sottostante.

Concludo ritenendo probabile che il Sindaco e l’Amministrazione tutta si faranno promotori di soluzioni condivise con la cittadinanza che in varie forme si sta esprimendo; se ciò non dovesse accadere si attiverebbe una mobilitazione di massa, a salvaguardia dello scoglio simbolo dell’identità amanteana, che investirebbe la contenuta Amministrazione che da quasi un anno sta governando in “solitudine” senza opposizione. Ma con le elezioni amministrative alle porte, credo, “emergerà” una opportuna ragionevolezza istituzionale…vedremo.

La Scogliera di Coreca di Antonio Cima

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Novità sugli ultimi giorni di De Grazia, i servizi segreti, l’inchiesta sulle navi a perdere

7 gennaio 2011 Commenti chiusi

“Servizi” e rifiuti tossici, si riapre il caso

“Un documento della commissione sul ciclo dei rifiuti,  dimostrerebbe un finanziamento proveniente dal governo Dini ai servizi italiani per la gestione di un traffico di rifiuti nucleari e di armi. Il documento sarebbe ancora secretato, e non ne conosciamo la provenienza” E’ datato 11 dicembre 1995. Il 13 moriva il capitano di corvetta Natale De Grazia.

Andrea Palladino su “Il Manifesto”

Natale De Grazia

È un’aria strana quella che tira dalle parti di palazzo San Macuto. Via del Seminario, in piena Roma barocca, è sempre stata la sede dei misteri italiani. Qui passò Nilde Iotti, quando presiedeva la commissione sulla P2. Qui si affacciava Carlo Taormina, quando preparava la vergognosa relazione finale sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. E qui la commissione bicamerale sui rifiuti, presieduta da un altro avvocato celebre, Gaetano Pecorella, prepara oggi la fase finale del dossier sulle navi dei veleni.

La testimonianza di Francesco Fonti e la vicenda del cargo Cunski sembrano ormai archiviate, sepolte. Manca una spiegazione decente su questa vicenda, qualcuno che racconti perché per cinque anni si è dato credito alla storia dell’ex collaboratore di giustizia che oggi tutti giudicano inattendibile. O è un folle, oppure le sue parole nascondevano – e nascondono – qualcos’altro.
C’è una pista che preme particolarmente alla commissione. Un filo che riporta al 1995, ai mesi che hanno preceduto la morte del capitano De Grazia, l’ufficiale della marina – medaglia d’oro alla memoria – che stava ricostruendo le rotte della navi a perdere, delle carrette cariche di scorie affondate nel mar Mediterraneo. Indagini che sono morte insieme a lui, che nessun altro uomo della nostra Marina Militare ha avuto il coraggio e la forza di riprendere.
Nei mesi scorsi sono entrati in gioco i servizi di sicurezza, vero enzima dei segreti italiani. Tra le carte della commissione Pecorella c’è un documento che promette rivelazioni scottanti. È datato 11 dicembre 1995, e dimostrerebbe – secondo alcune indiscrezioni – un finanziamento proveniente dal governo Dini ai servizi italiani per la gestione di un traffico di rifiuti nucleari e di armi. Il documento sarebbe ancora secretato, e non ne conosciamo la provenienza, che, in questi casi, non è un fattore secondario. Ma è la data del documento a colpire, a ricollegarsi – in una incredibile coincidenza temporale – con la morte del capitano di corvetta Natale De Grazia.

Nome in codice Pinocchio

È il 13 maggio 1995. Davanti agli uomini della forestale guidati dal colonnello Rino Martini si presenta una fonte confidenziale. Viene ascoltato con il patto di non rivelare la sua identità, utilizzando un articolo del codice di procedura penale specifico, che serve a tutelare i confidenti. Il suo racconto punta il dito su un personaggio chiave del mondo delle scorie pericolose, Orazio Duvia. È un imprenditore di La Spezia, a capo della mega discarica di Pitelli, una vera e propria piattaforma logistica dei rifiuti tossici. Il confidente – che si fa chiamare, con una certa ironia, Pinocchio – spiega quali sono i presunti legami di Duvia con il mondo delle fabbriche di armi e con quel groviglio di poteri che ancora oggi dominano la città di La Spezia. Alla fine della sua lunga deposizione parla di una nave, affondata al largo delle coste ioniche – a capo Spartivento – la Rigel. Un cargo che, secondo “Pinocchio”, era pieno di «materiale nucleare (uranio additivato)».
La testimonianza è fondamentale. È la prima volta che nell’inchiesta allora condotta dalle Procure di Reggio Calabria – Francesco Neri – e di Matera – Nicola Maria Pace – appare la pista della nave Rigel. Quel verbale è un vero punto di svolta.

«Affondamenti sospetti»

Il periodo tra il maggio e il dicembre del 1995 è frenetico. Natale De Grazia è la persona del gruppo che si dedica alla ricostruzione delle rotte delle navi a perdere, a partire dalla Rigel. Vengono acquisiti gli atti del processo contro gli armatori e i caricatori della nave, già accusati di truffa all’assicurazione e affondamento doloso dalla Procura di La Spezia. Un processo terminato con una condanna fino al terzo grado per il reato di affondamento doloso, mentre l’ipotesi dell’associazione per delinquere è caduta nel corso del processo.
Rileggere oggi quelle carte conservate negli archivi del Tribunale di La Spezia è però fondamentale per capire il contesto dell’affondamento della nave Rigel, sospettata di aver trasportato uranio additivato. Nell’ordinanza di rinvio a giudizio degli imputati, il giudice istruttore di La Spezia parla non di un singolo affondamento, ma di tante navi affondate in maniera dolosa e sospetta. L’ipotesi era che esistesse «un’associazione criminosa avente lo scopo di commettere più reati di naufragio doloso e truffe aggravate ai danni di varie società di assicurazione». Più naufragi, non solo la Rigel. Ed era questa la pista seguita da Natale De Grazia e la prima, solida conferma giudiziaria dell’esistenza di diverse navi disperse nelle acque del Mediterraneo. Cosa trasportavano? Chi ha organizzato l’affondamento?

Una questione di Stato

I magistrati si rendono subito conto che quell’indagine è esplosiva. Pensare a traffico di rifiuti nucleari, gestiti da gruppi massonici e criminali, per poi essere gettati in mare, faceva tremare i polsi anche ad investigatori testardi come De Grazia. Perché era evidente che un traffico del genere non poteva avvenire senza la copertura di parti importanti dello stato. Pensando, poi, al centro della rete, la città di La Spezia, sede di basi Nato, della Marina Militare, del centro di addestramento dei reparti speciali, di fabbriche di armi, era evidente che far uscire una nave carica di uranio non poteva essere un gioco per semplici truffatori.
E così i magistrati in quei mesi scrissero al Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro. Lo ricorda Francesco Neri, nella sua testimonianza del 1997 durante l’inchiesta per la morte di Natale De Grazia: «Ricordo che unitamente al collega Pace della Procura circondariale di Matera comunicammo al Capo dello Stato che le indagini potevano coinvolgere la sicurezza nazionale, inoltre poiché fatti di questo tipo potevano essere a conoscenza del Sismi ancor prima dell’ingresso del capitano De Grazia nelle indagini chiesi al direttore del servizio di trasmettermi copia di tutti gli atti che potevano riguardare il traffico clandestino di rifiuti radioattivi con navi». Informative dei servizi poi realmente confluite negli incartamenti dell’inchiesta. Dunque, l’intelligence italiana conosceva sicuramente l’indagine sulle navi.

Un tragico dicembre

Natale De Grazia era sul punto di chiudere le indagini. Aveva già programmato di utilizzare le festività di fine anno per preparare un rapporto finale, con le conclusioni della lunga inchiesta. Il sei dicembre a Reggio Calabria viene sentito – per la seconda volta – il teste “alfa alfa”, ovvero Aldo Anghessa. Oscuro trafficante, fortemente sospettato di agire spesso per interessi non chiari o come agente provocatore, due giorni prima del ponte dell’immacolata depone davanti a Natale De Grazia. E introduce un nuovo nome, che sarà fondamentale per l’inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi, Giampiero Sebri. «È disposto a collaborare», spiega Anghessa. Sebri qualche anno più tardi – nel 1997 – deporrà a lungo davanti ai magistrati della Dda di Milano, raccontando di una organizzazione internazionale specializzata nel traffico dei rifiuti nucleari. Indicherà anche Giancarlo Marocchino e l’ufficiale del Sisde presente in Somalia nel marzo del 1994, Luca Rajola Pescarini, come personaggi coinvolti, a suo dire, nel traffico. Per quelle dichiarazioni venne condannato per calunnia, condanna penale poi revocata qualche mese fa dalla Corte di Cassazione.
Quattro giorni dopo l’interrogatorio Natale De Grazia, insieme al maresciallo dei carabinieri Nicolò Moschitta, riceve sei deleghe dal procuratore Neri, per compiere indagini a La Spezia e a Como. Chi doveva incontrare De Grazia non lo sappiamo. Il 12 dicembre parte e a mezzanotte viene stroncato da un arresto cardiaco, in circostanze mai chiarite.

I servizi segreti

Il documento arrivato nei mesi scorsi negli uffici della commissione Pecorella che dimostrerebbe l’erogazione di fondi ai servizi segreti per la gestione dei rifiuti nucleari e di armi ha la data – secondo quanto riportato dal quotidiano Terra – dell’11 dicembre 1995, ovvero il giorno prima del viaggio di De Grazia. Il capitano di corvetta sentiva il pericolo come vicino, vicinissimo. Lo raccontava al cognato, mentre da qualche mese – dopo una perquisizione decisamente anomala a Roma – aveva il timore di entrare in contrasto con pezzi importanti dello stato. Sapeva di essere vicino alla verità, e questo lo preoccupava. Quello che probabilmente non sapeva era che quello stesso stato che gli pagava lo stipendio per bloccare i traffici criminali di rifiuti e di armi, finanziava – segretamente – chi quei traffici li copriva o, addirittura, li organizzava.

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Coreca, parziale dietrofront. Dopo le proteste degli ambientalisti il sindaco Tonnara decide di chiedere la Via

7 gennaio 2011 Commenti chiusi

Tonnara: «Prima dell’inizio dei lavori, chiederemo che venga effettuata la valutazione d’impatto ambientale,  se necessario anche a spese del Comune»

di Paolo Orofino su “Il Quotidiano della Calabria”

scoglio di coreca

AMANTEA – «Prima dell’inizio dei lavori, chiederemo che venga effettuata la valutazione d’impatto ambientale, la cosiddetta Via, se necessario anche a spese del Comune». Lo afferma il sindaco di Amantea, Franco Tonnara, che assieme agli altri componenti della giunta municipale, ha firmato la delibera con cui si prevede un intervento a mare, nei pressi dello scoglio di Coreca, che sarebbe finalizzato alla protezione di quel tratto di litorale, soggetto da anni ad un insistente fenomeno di erosione costiera. Gli effetti che l’erosione costiera ha prodotto in questi anni sulla spiaggia di Coreca sono evidenti nelle foto che pubblichiamo in questa pagina. Ma se il male è conosciuto in maniera unanime, non così l’eventuale cura. Il sindaco di Amantea così replica al comunicato di protesta del Wwf, sceso in campo contro la suddetta delibera che prevede la realizzazione dei famigerati pennelli creati da massi. Tonnara, poi, si è detto stupito della notizia pubblica dal Quotidiano, secondo cui la zona di Coreca, con il grande e caratteristico scoglio, simbolo del litorale amanteano e della costa tirrenica cosentina, non venga riconosciuta come “area protetta”. Prosegui la lettura…

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Coreca: prima abbiamo cementificato e ora proteggiamo con i massi

6 gennaio 2011 Commenti chiusi
Una vergogna dipinta con i “pennelli”

«La vicenda di Coreca è sintomatica della scarsa attenzione che abbiamo per il nostro territorio e che ha permesso nel corso degli anni di infarcirlo dei veleni più impensati e di sfregiarlo nella maniera peggiore»

di Massimo Clausi

Coreca vista da Sud

Amantea, 05 gen. 2011 - In Questi ultimi giorni sui social network, sui telefonini, sui siti Internet impazza il video della canzone “Qualunquemente (Onda Calabra)”, rilettura alla maniera di Cetto La Qualunque del brano “Onda Calabra” di Peppe Voltarelli e del Parto Delle Nuvole Pesanti.

La canzone farà parte della colonna sonora del film, “Qualunquemente” appunto, di imminente uscita nelle sale.
Un brano della canzone recita così “C’è uno scoglio/ che si è trasformato/in pilastro di cemento armato”. Cetto La Qualunque è
una parodia di un politico medio calabrese. Parodia estremizzata, dirà qualcuno. Ma spesso la realtà supera la fantasia.
È impossibile negare che negli anni del boom economico, quando tutti i calabresi inseguivano il sogno della seconda casa al mare, delle nostre coste è stato fatto scempio. A distanza di anni il mare si è preso la sua rivincita e ha voluto indietro pezzi di litorale, ha risucchiato lungomari costruiti sul bagnasciuga, sventrato case erette sulla spiaggia. Da qui è venuto il secondo colpo mortale inflitto all’ecosistema delle nostre coste: il diffondersi dei cosiddetti pennelli (terribili cordoni di massi in cemento) realizzati magari dalle stesse ditte che negli anni passati avevano provveduto ai prelievi abusivi di sabbia e ghiaia lungo i fiumi. Roba del passato, si dirà. Non proprio. Coreca è una frazione situata 3 km a Sud da Amantea, centro del Tirreno cosentino. Qui si può ammirare uno dei tratti più belli della costa. La scogliera è composta da un grande scoglio ormai fuori dall’acqua, chiamato scoglio di Coreca, moltissimi altri scogli sommersi ed altri che affiorano dalle acque. Il tratto in questione è rilevante non solo dal punto di vista paesaggistico, ma anche ambientale. La limpidezza dell’acqua permette di ammirare anche gli scogli sommersi che costituiscono habitat naturale per molte specie di pesci. Coreca, però, ha un problema.
Daquindici anniaquesta parte la spiaggia prospiciente il grande scoglio si sta ritirando sempre di più. Il Comune allora ha deciso di stanziare un bel po’ di quattrini per il “potenziamento”(così si legge nella delibera) della spiaggia, accendendo un mutuo di 200.000 euro (costo totale previsto per l’investimento è di quasi 500.000). La cosa incredibile di questa delibera
non è tanto che il Comune ha pensato di tutelare la zona con i famigerati pennelli (nella delibera si parla di massi da 3-7 tonnellate) quanto si è scoperto che l’ente ha potuto decidere in tempi record e senza consultare nessuno.
Tutto ciò è stato possibile perché secondo la Regione Calabria, la zona non rientra nelle “aree protette” o nei “siti della Natura
2000”, il che ha consentito alla Regione stessa di approvare l’intervento con lavori proprio a contatto dello scoglio,
escludendo la procedura di Via (valutazione d’impatto ambientale). Il fatto ha fatto ovviamente insorgere gli ambientalisti,
Wwf in testa. Dovrebbe però far riflettere tutti. Non vogliamo passare come i De Santis della situazione (l’avversario politico che Cetto La Qualunque invita cordialmente a farsi gli affari propri), ma viene spontaneo chiedersi come mai non sia protetta
una delle zone più suggestive del Tirreno cosentino. Se non è rientrata questa, chissà quanti altri splendidi scorci delle coste calabrese sono alla mercè di chiunque può, con una semplice domandina al Comune, edificare dove meglio ritiene opportuno. E per fortuna (?) qui stiamo parlando di un intervento pubblico. Insomma la vicenda di Coreca è sintomatica della scarsa attenzione che abbiamo per il nostro territorio e che ha permesso nel corso degli anni di infarcirlo dei veleni più impensati e di sfregiarlo nella maniera peggiore. Tempo fa, parlando con un collega di una testata nazionale dello sviluppo della Calabria questi mi disse «voi calabresi siete matti. Macchè siderurgia, ma quale tessile, ma quale informatica. Voi calabresi dovevate solo creare infrastrutture, sedervi e contare i soldi». Le infrastrutture ancora le aspettiamo, quello che ci ha dato Dio, invece, ce lo stiamo giocando ai dadi.

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Amantea: il Wwf critica il progetto per difendere gli scogli di Coreca dall’erosione

3 gennaio 2011 Commenti chiusi

Coreca, una delle più belle spiagge della costa tirrenica, presto sarà protetta dai marosi con una barriera  di massi. Falsetti (Wwf Calabria) chiede al comune di Amantea che vengano coinvolti altri enti per elaborare un progetto meno invasivo «quello attuale manca della Valutazione di impatto ambientale».

- di Francesco Saverio Falsetti*

Coreca, gli scogli

Coreca, gli scogli

Amantea 3.1.2011 – Siamo nel  2011 ma, ciò nonostante, ad Amantea si fanno le stesse scelte degli anni ’80.

Solo da noi la lungimiranza politica poteva proporre di salvaguardare l’ultimo “bel colpo d’occhio” che ad Amantea è rimasto “gli Scogli di Coreca”, solo qui dopo quanti danni hanno provocato i pennelli si potevano proporre, ancora, massi in mare.

Facciamo un po’ di dietrologia: negli anni 70/80/90 si è “chiuso un occhio “ sui prelievi selvaggi di inerti lungo i fiumi, questo ha fatto si che a mare non arrivassero quei materiali necessari  a mantenere, naturalmente,  le nostre spiagge.

Come se non bastasse per proteggere quanto costruito lungo le coste, tante volte abusivamente (quindi si era chiuso l’altro occhio), si è pensato bene di creare dei pennelli emersi lungo la costa (terribili cordoni di massi in cemento) realizzati dalle stesse ditte che negli anni passati avevano provveduto ai prelievi abusivi di inerti.

Come se non bastasse ancora, si è pensato di dare una parvenza “ambientalista” alla cosa, e per un po’ si sono usati massi di cava per proteggere la nostra costa (al danno sommiamo la beffa se si da un’occhiata nell’entroterra – per esempio ad Aiello Calabro – ma non solo ad Aiello, dove sono sparite intere montagne).

Siamo sicuri che in loco ci siano le professionalità necessarie per pensare ad un Piano Integrato che vada a salvaguardare l’intera costa tirrenica – ma se tali professionalità non fossero sufficienti potremmo pensare di coinvolgere Enti come l’Università della Calabria, CNR ed altri per avviare comunque un momento di confronto per cercare la soluzione ai processi erosivi, salvaguardare le nostre coste cercando però tutte le soluzioni riducendo al minimo l’impatto ambientale e salvaguardando la bellezza dei luoghi – fiore all’occhiello di questa nostra terra.

Anche gli abitanti della frazione Coreca vogliono la protezione dell’arenile, ma non con barriere frangiflutti o pennelli emersi addirittura due metri e mezzo sopra il livello dell’acqua – è pensiero comune che una scelta così scellerata ammazzerebbe Coreca con il suo luogo simbolo (Lo Scoglio) e, probabilmente, anche l’immagine stessa di Amantea.

Secondo noi ambientalisti  esistono metodi meno impattanti come il cosiddetto “ripascimento morbido” consistente nel versamento di sabbia dove necessario e la costruzione di barriere soffolte, quindi al di sotto del pelo dell’acqua.

Altrove le barriere di massi  e/o i pennelli sono solo “un brutto ricordo”, ormai l’erosione si combatte con nuove tecnologie per esempio  per quanto riguarda i pennelli, ovvero le dighe perpendicolari alla riva, si realizzano soffolte (sotto il livello del mare) e non utilizzando massi, ma geotubi in polipropilene riempiti di sabbia.

Questi geotubi  sono (manufatti realizzati in geotessuti) sono in pratica grandi sacchi posati sul fondo che agiscono allontanando dalla riva le correnti longitudinali alla costa che, diversamente, tenderebbero ad asportare nuove porzioni di arenile.

Il vantaggio di tale tecnologia rispetto alle classiche scogliere in massi è fondamentalmente legato alla semplicità, alla rapidità di posa in opera ed al minor costo, unica necessità uno studio serio ed approfondito delle correnti sottomarine.

Per fare qualche esempio, tale sperimentazione,  è alla base dei lavori alle spiagge dei vip nel sud della Sardegna e degli arenili di Sanremo (luoghi dove il territorio è alla base del turismo).

Ai politici ricordiamo che solo facendo tesoro degli errori passati si può rendere un servizio, basti pensare all’erosione creata a sud di ogni pennello o barriera a “T” costruita per rendersi conto di quali siano stati i costi sostenuti per la difesa del litorale e gli effetti devastanti senza arrivare mai alla soluzione del problema.

Nessun politico e nessun tecnico ha mai pagato per i danni causati al territorio, danni derivati da scelte tecnico/politiche, quantomeno scriteriate.

Sempre a chi ci amministra chiediamo come mai si è deciso,  all’unanimità dei presenti,  di escludere il VIA (Valutazione Impatto Ambientale) che è una procedura amministrativa di supporto per l’autorità decisionale finalizzato ad individuare, descrivere e valutare gli impatti ambientali prodotti dall’attuazione del progetto. La procedura di VIA è normata come strumento di supporto decisionale tecnico/amministrativo, con essa si ha la valutazione sulla compatibilità ambientale di un determinato progetto ed è svolta dalla pubblica amministrazione, che si basa sia sulle informazioni fornite dal proponente del progetto, sia sulla consulenza data da altre strutture della pubblica amministrazione, sia sulla partecipazione della gente e dei gruppi/associazioni sociali.

Pertanto riteniamo quantomeno anomalo, che l’intervento proposto in località Coreca di Amantea faccia a meno (per come in delibera del 23/11/2010) del VIA per un intervento sicuramente disarmonico e ripugnante alla vista, ma VIA oltremodo necessario per le conseguenze e gli effetti che tale intervento potrebbe innescare a sud dello scoglio di Coreca.

Tra gli obbiettivi primari del VIA c’ è quello di favorire la partecipazione della gente nei processi decisionali sull’approvazione dei progetti, cosa che non c’è stata, ma ancor più importante è la finalità di valutare le modifiche dello stato ambientale che un intervento sconsiderato come quello ipotizzato in località Coreca produrrebbe e le pressioni antropiche che subirebbe il territorio.

Il WWF rappresentato nel Comitato di Gestione del Parco Marino Regionale si farà portavoce delle istanze di tutela per valutarne l’impatto presso la presidenza del Parco Marino Regionale “Scogli di Isca”.

È evidente che, del nostro territorio non interessa a nessuno, se si considera che ogni giorno dalle pagine dei quotidiani locali si annunciano nuovi candidati per le prossime amministrative, gente che si dice al servizio degli amanteani e di Amantea, ma con grande unità di intendi “nessuno apre bocca” sulla massicciata di fronte allo scoglio di Coreca aprendo spazio a due interpretazioni:

(1)   non ne sanno nulla, quindi mostrano di non vivere il territorio e di non stare tra la gente – pertanto politici mediocri;

(2)   ne sono a conoscenza ma non li riguarda personalmente o più semplicemente se ne fregano – pertanto politici mediocri,

ai cittadini non rimane che raccogliere le solite firme e magari parlarne con quei rompic…..ni di ambientalisti.

Invitiamo tutti, politici in primis, a riflettere su una citazione di José Ortega y Gasset e, magari…… farla propria anche nei fatti Io sono me più il mio ambiente e se non preservo quest’ultimo non preservo me stesso”…chissà che pensando all’ “EGO-IO” non diventiate sensibili…!!!…???

* Consigliere regionale WWF Calabria

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Pianopoli: Bloccata la discarica

3 gennaio 2011 Commenti chiusi

I manifestanti preoccupati dai rifiuti sversati senza controllo in una delle poche discariche attive in Calabria e che raccoglie la maggior parte dei rifiuti prodotti nella Regione.

Pianopoli (Cz), 03 dic. 2010 – Alle 23:00 di ieri centinaia di cittadini calabresi si sono dati appuntamento sulla strada che conduce alla discarica di Pianopoli rispondendo all’appello della Rete Difesa del Territorio “Franco Nisticò”.

È stata bloccato l’accesso a quella che è,come attestato dalle fonti giudiziarie, una discarica abusiva che come tante altre, per lo più private, avvelena ed inquina il territorio e le comunità. Non a caso all’appello della RDT non hanno risposto solo cittadini del Lametino, ma anche i comitati di Crotone, Rossano, Cosenza, Reggio Calabria.

Le popolazioni intendono dire basta ad un ciclo di rifiuti che si basa sul business di speculatori e ‘ndrangheta che si cela dietro il ciclo dei rifiuti, nonché ad una gestione commissariale ridicola, che dura ormai quindici anni, e che serve soltanto per sprecare soldi pubblici ed aggirare ogni norma di tutela dell’ambiente e della salute.

L’unica soluzione per quella che è non solo un’emergenza ambientale, ma soprattutto democratica e politica, è un sistema dei rifiuti pubblico e basato sulla raccolta differenziata spinta, porta a porta, finalizzata al riciclo e riutilizzo.

Il presidio ha inoltre chiesto l’intervento del NOE per verificare il contenuti di alcuni automezzi. Quando sono le otto del mattino l’unico intervento dello stato sembra essere l’arrivo del reparto celere.

Il blocco della RdT è un invito a riprendere possesso dei propri territori in prima persona senza delega a politici e istituzioni

giudiziarie. Questo è solo l’inizio di una campagna di mobilitazione che ci vedrà impegnati nei prossimi mesi, discarica per discarica per monitorare e controllare il ciclo dei rifiuti legale e non.

Gli attivisti hanno deciso di togliere il blocco intorno alle 9.00, con l’arrivo dei carabinieri del NOE (Nucleo operativo ecologico) che, su precisa richiesta degli stessi manifestanti, sono intervenuti per verificare i rifiuti che i camion sversano nella discarica.
I rappresentanti della Rdt hanno quindi deciso di recarsi al comune di Pianopoli per tenere una conferenza stampa che inizierà, presumibilmente, intorno alle 10:30 di stamattina (3/1/2011).

Rete per la Difesa del Territorio “Franco Nisticò”

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